lunedì 29 aprile 2013

E' qui.

di tutte le parole
rimane questa giornata
il punto zero
di questo nuovo inizio.
Sei mesi ad aspettare
e credere
e sperare.
Riunire la famiglia
appesi ad un filo
sottile
di paura
di emozione.

Trasferito un solo embrione
il secondo non ce l'ha fatta.

Ho impiegato un'ora a riconnettermi con il piccolo che stava per essermi trasferito.
Il biologo dagli occhi dolci mi rassicura che uno ne serve
e che se questo ha superato il trauma ed ha ricominciato ad espandersi
è un ottimo segno.
Io stringo le spalle
Sorrido
Non piango più.

Ho pianto solo dopo.
Perchè mi sono scoperta a non voler stare male.
Non voglio più stare male.
E per quanto, il sacrificio sia grande per me, e per quanto, loro, siano più importanti di me,
lo spirito di sopravvivenza ha prevalso.
E ho pianto, perchè mi sono sentita in colpa per quella sensazione.
 Ora sono in pace.
Devo rieducare il mio cuore a pensare al singolare.
Ora è qui con me.
A casa.
Nella mia pancia, al caldo.
Ora è qui con noi.
Finalmente.
Dopo tutte le parole, le lacrime, il dolore, la rinascita, l'aver imparato a sorridere.
Dopo tutto.
Non ho aspettative.
E' qui.
Lo sento.
Come sempre.
E' qui.
Come un anno fa.
Qui, con me.
Con la sua mamma.




domenica 28 aprile 2013

E poi ci sarò io. Per sempre.

Abbiamo un'ora e un giorno per il nostro incontro.
Lunedì 29 aprile alle 17.30.
Abbiamo una data, un'ora, un giorno.
Ci incontreremo fisicamente e voi mi conoscerete.
Mi riconoscerete.
Domani mattina vi sveglieranno dal lungo sonno di ghiaccio.
Dopo esattamente 6 mesi dalla vostra nascita,
voi rinascerete.

E un bel momento per rinascere.
Un giorno di primavera.
Non sarà facile per voi, ma questi saranno i nuovi istanti della vostra vita. Non tutti hanno la possibilità di rinascere. Mica roba da poco. Fossi in voi, non mi farei sfuggire questa possibilità, questa opportunità.
Fortunelli.
Potreste rispondermi che non avete chiesto voi di venire al mondo.
Potrei rispondervi che questo è tutto da provare.
Ogni bambino, meglio adolescente, nella propria vita, ha in bocca queste parole mentre discute con il genitore  indisponente.
Non vorrete cominciare così piccoli a fare i ribelli no?
Ragioniamo.
Non conoscete nulla del mondo. Da quando vi abbiamo tirato giù dai posti dove galleggiavate sereni, dormite in un letto di ghiaccio.
Siete materia.
Sostanza fisica.
Fatta di acqua e poche cellule d'amore.
Non sapete nulla. Vi dovete fidare di me e di papà.
Fidatevi.
Domani vi sveglieranno dal gelo.
Tornerete a me, a noi.
Ed è caldo da me. Non c'è gelo, ve lo prometto.
Combattete.
Come fa la vostra mamma.
Combattete.
Per quelle poche ore, prima del nostro incontro, io non potrò fare nulla per voi.
Siete voi i protagonisti. Solo voi.
Dovrete avere la forza per svegliarvi dal sonno di gelo e venire da me.
Solo questo vi chiedo.
Al resto, poi, penseremo noi.
Ve lo prometto.
Domani mattina.
Abbiamo un'ora, un luogo, un giorno.
Poche ore soli, resistete.

E poi ci sarò io.

Per sempre.

venerdì 26 aprile 2013

vengo a prenderti

un prato. Ad Assisi, qualche giorno fa.

Un anno fa riassumevo.

Ho la pelle d'oca a rivivermi.
Mi rendo conto di aver volutamente messo in un angolo tutto quel dolore, quella paura, quel non sapere, che mi rendevano fragile.
A rileggermi mi vedo oggi come un filo d'erba di un prato in primavera, in balìa del vento e della pioggia e del sole. Verde, caparbio, ma fragile, perchè appena nato.
Mi cercavo.
In un anno mi sono ritrovata.
Oggi mi sento un albero.
Con radici non ancora profondissime, ma sufficienti per tenermi ben salda a terra, in caso di temporale, tempesta, fulmini e saette.
Mi sento un albero con la chioma fluente.
Capace di dare ombra ai fili d'erba impauriti.
In grado di reggere il peso di chi mi viene a trovare.

Non sogno.
In passato ho sognato molte volte la mia amica che non c'è più che mi annunciava le mie gravidanze.
Non è più successo.
Questo vuol dire che la mia parte razionale è prevalsa. Ho scelto una via. Ero ad un bivio e ho preso una strada.
Per non morire.
Per non piangere ancora.
Per non provare più quel dolore.
Se mi rileggo, e non lo faccio mai, mi sale un nodo alla gola che non passa.
Mi dispiace per me.
Mi dispiace per quello che mi è successo.
Ma mi guardo come se fosse accaduto ad un'altra me. Ad un'amica, una sorella.
Mi sento altro.
Non sarò mai pronta.
Tremerò sempre di paura.
Continuerà a battermi il cuore, sempre forte, sempre accellerato.
Ma devo farcela.
Senza illusioni.
Senza sogni.

Sono al VIA.
Nuovamente.
All'inizio di un'altra storia.
Non ho previsioni. So già quello che mi aspetta.
Posso percorrere questa nuova strada con gli occhi bendati. So quello che devo fare. Vado avanti.
Andrò avanti.
Per portarti qui da me.

Ti vengo a prendere.
Tu non devi fare niente.
Stai lì.
Ti vengo a prendere io.

lunedì 22 aprile 2013

Ignoranza

immagine presa da qui


Che poi,
è quando ti ritrovi gli occhi di pietà addosso, che capisci quanto è tutto difficile.
Che questa fatica la senti nelle ossa.
Che il dolore viene da lontano, ma tu, ti sbatti, ogni giorno, per non farlo capire quanto è difficile, quanto è faticoso.
E sorridi.
Sorridi come un ebete.
E tiri indietro i capelli.
Metti il rossetto.
Mangi cioccolata.
E poi.
Ti ritrovi addosso quegli occhi di pietismo, quel pietismo incollato sulla tua pelle.
Non ho bisogno di questo.
Sono qui per chiedere un'esenzione ticket. Che sono una esabortiva. E mi togliete l'esenzione per le analisi ora. E va bene. Eccoti le prove. Prenditi la briga di sfogliare questo cazzo di faldone. Ti fa paura eh? Pesa vero? Eppure sei una donna. Una ginecologa. Tesoro mio, quante storie conoscerai come la mia?
Te lo devo spiegare io che non posso mettermi in macchina, una volta in gravidanza, per venire in questo cazzo di presidio medico a 15 km da casa mia, per ottenere una prescrizione di analisi per gravidanza a rischio, perchè, in quanto a rischio non posso guidare, devo stare ferma, tesoro mio.
E non mi guardare con gli occhi sbarrati. Tu e la tua supponenza del cazzo.
"certo"
pausa.
"il vostro è proprio un graaaande desiderio di figlio"
che lì per lì, io e mio marito ci guardiamo, ingenui, e pensiamo all'unisono che è una cosa carina quella che ci stai dicendo.
E rispondiamo "grandissimo" contemporaneamente, per poi accorgerci che di carino, nel tono della voce, non c'è niente.
Ci guardi con quell'aria da saccente e poi aggiungi:
"e perchè non adottate?"
ed io giuro, ho creduto di aver sentito male, e mi sono dovuta dare un pizzicotto sul braccio per dirmi che no, non sono dalla sora Peppina a comprare i pomodori. Sono in una ASL della mia regione a chiedere una cazzo di esenzione ticket per quando sarò in gravidanza, perchè la mia cazzo di gravidanza, dopo sei aborti sarà a rischio e perchè, la regione Lazio, non ha più i soldi, e quindi la suddetta esenzione che ti prescriveva il medico di base, non te la può più dare il medico di base, ma mi servi tu, specialista mangiasoldi del cavolo, di una ASL. Quindi, prescrivimi questa esenzione e stai zitta.
Poi ti spiego, se vuoi, cosa significa fare una PMA, dopo sei gravidanze, se vuoi.
Poi casomai parliamo di adozione.
E di difficoltà economiche.
E di paura.
E di pippe mentali.
Ma al bar, davanti ad un cappuccino. Non ora.
Ma come ti permetti, tu e i tuoi occhi di pietà.

Invece no.
Queste cose non le abbiamo dette.
Noi ci siamo ritrovati a fare un colloquio informativo con un'assistente sociale che, con tutto l'imbarazzo della situazione, incalzata dalla sua collega ginecologa di questo cazzo di presidio ASL, ci ha spiegato cosa significa adottare e cosa fare in caso.
Ma che poi, con tutta la dolcezza possibile, ci ha detto che facciamo benissimo a fare quello che stiamo facendo, perchè siamo giovani e perchè di fronte a situazioni del genere, lei farebbe lo stesso.
Che abbiamo avuto pure culo a incontrare quest'assistente, che è l'unica di tutto il nostro bacino territoriale ad occuparsi di adozioni e che è capo dello stesso GIL. Che potevamo pure risultarle antipatici, visto che oggi, tutto pensavamo di fare, tranne che  parlare di adozione, visto che forse, e dico forse eh, ne dovremmo parlare prima tra noi.
E che, mentre la simpaticona si interessava al nostro pietoso caso, ci ha lasciato in compagnia della sua dotta segretaria, che un minuto prima era stata interrotta da noi mentre giocava ad un solitario di carte al pc, e che con aria paciosa ci fa:
"eh si, che poi una alla fine rimane incinta sempre appena dopo che hai adottato"

"signora, io non ho difficoltà a rimanere incinta. Ho difficoltà a far rimanere qui i miei bambini, non credo ci sia una componente psicologica, se è questo a cui alludeva"

"eh si"
le mie parole non l'hanno scalfita nemmeno per un attimo
"andate in Spagna no? Se sono riusciti a far rimanere incinta una come Carmen Russo!"

E lì, mi sono di nuovo chiesta se ero dalla sora Peppina a chiedere i pomodori oppure in un posto di medici, che avrebbero dovuto aiutarmi.
E intanto tornava la simpaticona, indicandoci la strada per l'assistente sociale.

Ah.
E l'esenzione del ticket, alla fine, non me l'hanno data.


sabato 20 aprile 2013

Cento Micron

La mia lavanda

Mi regalano un libro per il mio compleanno.
Me lo regala mio fratello più piccolo, che ora mi legge, che poi mi fa le punture. Che è il più piccolo. Ma che nella mia storia, tutti hanno un ruolo, anche chi non sa cosa vuol dire procreazione assistita, o aborto, o gravidanza.
Basta l'amore.
E quindi questo libro racconta una storia, io riporto questo brano, perchè è il punto di vista del biologo, e questo punto di vista non l'ho mai considerato. E in effetti, non dovrei considerarlo, ma va bene. Va bene anche questo. 
Non nego di aver risentito il freddo di quella sala operatoria di quel giorno, e di aver ingoiato due grandi lacrime.
Ma ho anche rivissuto quei momenti di purezza, quei momenti in cui la vita si formava, e l'emozione di quegli attimi, e le telefonate a quei biologi, per avere gli aggiornamenti della loro crescita.
Non smetterò mai di ringraziare la scelta che abbiamo fatto in quei mesi, anche se per noi, non è stata la soluzione. Per noi la storia scritta è un'altra. E' stata altro. Sarà altro. 


"Guarda", le dice Bianca a voce bassa, indicando al di là di una grande porta aperta, "stanno prendendo gli ovuli".
Un passo solo e sono dentro la sala operatoria. Eva sobbalza, non se l'aspettava, non pensava che permettessero l'ingresso agli estranei, ma Bianca avrà chiesto il permesso a tutti, e c'è questa donna sdraiata sul lettino, e intorno a lei, nella semioscurità, tre o quattro figure affaccendate, l'anestesista le tiene una maschera di gomma trasparente premuta sul viso, "Ok, dorme", dice.
Il ginecologo, seduto tra le gambe di lei, così terribilmente spalancate - ... - muove la sonda nel corpo della donna, attraverso lo speculum, gli occhi fissi sul monitor dell'ecografia, dove tremola l'immagine delle sue ovaie. 
Eccoli lì, anche Eva riesce a riconoscerli facilmente, i follicoli: piccole cavità nell'ovaia, piccole bolle scure sul monitor. In ogni bolla naviga un ovulo, troppo piccolo per essere visibile, ma c'è, loro lo sanno: dove c'è un follicolo c'è anche un ovulo.
Eva vede nel monitor l'ago che si muove, che entra nella bolla scura, allora il medico preme un tasto e l'ago risucchia il liquido del follicolo, che si svuota e collassa come un minuscolo palloncino.
Con un sibilo le poche gocce di liquido succhiate via corrono lungo un tubicino trasparente, colano in una provetta poggiata lì accanto, su un ripiano di metallo.
"Uno", conta il ginecologo a voce alta: é lì dentro, adesso, l'ovulo, nella provetta, e intanto lui ha già infilato l'ago un pò più in là, sta già succhiando da un altro follicolo. Si sente di nuovo il breve gorgoglio della pompa, il gocciolio nella provetta. "Due", dice.
"Sta per svegliarsi", dice l'anestesista.
"Dammi un altro minuto", dice il ginecologo. L'anestesista preme una valvola, si sente il gas soffiare nella maschera, sul viso della donna addormentata. Il ginecologo infila l'ago più in fondo.
(...)
"Tre", dice il ginecologo, "finito". Ritira la sonda con l'ago dal corpo della donna con un gesto così fluido e veloce che non si è certi di averlo visto. 
L'anestesista le ha tolto la maschera dal viso, adesso la chiama a voce alta, la scuote: 
"Chiara!Chiara!Mi senti? Chiara alzati!", dice con tono imperioso, prepotente; la donna mugola qualcosa, apre gli occhi, l'anestesista continua a scuoterla.
Tutta la procedura è durata pochi minuti, il ginecologo si sta togliendo i guanti di lattice, la donna è già in piedi: "Venga", dice l'infermiera, se la porta via attraverso una porta più piccola, di lato.
(...)
Tre o quattro persone, le tute di carta e le mascherine: lavorano veloci, i colleghi di Bianca, qui dove gli ovuli vengono fecondati, si muovono con gesti rapidi. Bianca ha versato gli ovuli dalla provetta in un piccolo recipiente piatto di plastica trasparente, guarda nel microscopio, Eva nello schermo vede tutto quello che Bianca fa, nel momento in cui lo fa.
"Sì, sono tre, ci sono tutti, vedi?", Eva li vede, avvolti in una specie di membrana. "Ora li libero", dice Bianca; armeggia con una sottile siringa di vetro, li succhia e li risputa, finchè ognuno dei tre ovuli è sgusciato dalla membrana.
Eccoli lì, adesso sono così uguali alle cellule con cui Eva lavora tutti i giorni, cellule di sangue di topo, magari, o di cervello di ratto: sono quasi identiche. Impossibile riconoscere queste cellule, tonde, traslucide come microscopiche bolle di sapone, impossibile dire che queste non sono cellule di rana o di topo o di zebra, ma sono, sì.
Sono uova di donna.

Eva ha visto tutto, ha visto quando Bianca ha scelto gli spermatozoi: in quel forsennato correre per il recipiente, gli occhi piantati nel microscopio, Bianca, uno alla volta, ne ha scelti tre.
A ognuno ha spezzato la coda con un colpo d'ago per immobilizzarlo, lo ha succhiato su per la sottile punta di vetro.
E poi, ecco, questo è il momento, li ha iniettati negli ovuli. 
A ognuno dei tre ovuli ha bucato la parete, in ognuno ha iniettato uno spermatozoo.
Eva lo ha visto, nel monitor.
Come si vede sempre nei filmati.
Ma è completamente diverso, vederlo con i tuoi occhi.
E' così diverso, Eva non saprebbe spiegare perchè, ma è così incredibilmente, infinitamente diverso.
I colleghi di Bianca stanno compiendo le stesse operazioni con gli ovuli delle altre donne della mattina. Ce ne erano dieci in lista, e in un paio d'ore i medici hanno prelevato gli ovuli a tutte, e adesso Bianca e gli altri biologi li stanno fecondando. Tra poco avranno finito. Le uova, ognuna nella sua minuscola piastrina di plastica, ognuna immersa nella sua goccia di liquido nutriente rosato, verranno messe a crescere dentro questi apparecchi che mantengono la temperatura e l'umidità, tutte siglate e allineate in ordine sui ripiani di metallo.
(..)
Hanno un fascino ipnotico, a guardarli, pensa Eva..
Forse il fascino della simmetria, della loro regolarità quasi magica. Forse lo stupore di pensare che da così piccola cosa potrebbe scaturire una vita intera, tutto l'infinito peso di una mente, dei gesti, dei pensieri, di una memoria. Eppure sono così piccoli, Eva li guarda, ingranditi sullo schermo, ma sono così piccoli, pensa. Solo cento micron. Frazioni di millimetro, lo spessore di una pagina di quaderno. Questi embrioni che Bianca adesso velocemente controlla, e fotografa al microscopio, e qualcuno lo scarta.
Li scarta se non ce l'hanno fatta, e invece del gruppetto regolare e ordinato c'è solo un ovulo inerte e moribondo che non è mai riuscito a partire. Li scarta se invece di quattro cellule tonde e lucide ne vede tre, o cinque, o sette. Asimmetriche, minuscole, oppure gigantesche.
Eva pensa ai pesci femmina, che rilasciano milioni di uova nel mare, nubi infinite di uova che si disperdono nell'acqua come volute di fumo, in attesa dello sperma che le fecondi. Solo poche incontrano lo sperma, nel mare infinito.
Un terzo delle gravidanze naturali delle donne normali vengono abortite prima che la donna stessa se ne possa accorgere.
La natura abbonda, scialaqua. La natura non risparmia, va a casaccio.

(...)
I colleghi di Bianca stanno facendo quello che fa lei: ombre bianche chine sui microscopi, controllano gli embrioni da reimpiantare tra poco, alle donne della lista del pomeriggio, che stanno fuori e aspettano il loro turno e ribollono di ansia.
Loro invece lavorano veloci.
Sì, pensa Eva, me lo aspettavo, certo, ma poi solo quando lo vedi con i tuoi occhi capisci davvero, solo quando lo vedi con i tuoi occhi ti rendi conto che.
I gesti con cui si fabbrica un essere umano non sono diversi da quelli con cui un artigiano infila le sue perle sul filo di una collana.

Marta Baiocchi -  "Cento Micron"

mercoledì 17 aprile 2013

Sentirsi diversi

Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita. 
Federico Fellini



Ci sono giornate come questa, in cui tutta la mia attuale esistenza si riassume in un'immagine.
Un computer
Un disegno
Un hard disk
Molta luce
Le gocce di Bach
Questo mantra (WaheGuru) in sottofondo.

Sembra tutto normale.
Lavoro.
In casa.
Ho creato le condizioni affinchè tutto sia il più sereno possibile.

Poi sento lontano quel dolore.
E' lì, sedimentato, culla le mie aspettative.
Non riesco più a parlare con i miei bambini.
Li sento lontani.
Ho concentrato tutte le energie su di me. Per stare bene.
E sto dimenticando loro.

Ci sono giorni come questo, in cui sento la mia diversità, più che in altri momenti.
Vorrei tanto che questa mia normalità fosse vera. Invece non lo è. 
Vorrei essere più leggera. Ma non lo sono. Non ci riesco.
Mi sento discriminata, circondata, messa all'angolo.
Mi sento diversa.
E vorrei non esserlo.
Vorrei chiudere gli occhi e riaprirli per vedere accanto a me uno di loro. Uno dei miei bambini che non sono stati. 
Vorrei non sapere che per gli altri non è mai così. Che questo mondo, quello dell'abortività, dell'infertilità, non è quello più normale, come credo. Facile crederlo se ci si circonda solo di questo. 
Si chiudono le finestre, ci si chiude dentro se stessi, per non vedere, per non guardare gli altri.
Ma non è così.
Non è normale tutto questo.
Ed io mi sento così diversa, così incapace.

Ho alzato gli scudi.
Ho avvertito "non avvicinatevi che potrei mordere"
Ho chiuso il cuore.
Non credo alla sincerità.
Non guardo negli occhi.

Mi sembra tutto così lontano.
Non riesco più ad immaginarmi con la pancia.
Non riesco più a credere che un giorno ci saranno.

Dove siete?
Dove?



giovedì 11 aprile 2013

nascere

la sera del mio compleanno, al tramonto, Assisi era così, e noi eravamo lì...



- Sarei dovuta nascere quando ci si guardava ancora negli occhi -

Io oggi nasco.
O meglio, ri-nasco.

Con i miei figli.
Con loro, mai più sola, per sempre.

Buon compleanno a me.

martedì 9 aprile 2013

Doni


Ho un dono unico che qualcuno ha bisogno di ricevere

e una voce unica che qualcuno ha bisogno di ascoltare.
Patricia Spadaro, L’arte di dare e di ricevere


Perchè ricevere un dono riempie il cuore.
Lo scalda.
Dà la forza in un momento inaspettato.
Rende unico e irripetibile l'attimo, che un momento prima pensavi di dolore.


Un giorno che si trasforma in amore.


Tempo fa ho raccontato come una delle prime lezioni di yoga mi ha fatto piangere.
Ho imparato ad usare le mie mani per guarire.
Oggi, di nuovo sola a lezione, abbiamo ripetuto gli esercizi.
Voglio raccontarla qui, perchè mi è stato detto:
"i tuoi occhi sono cambiati. La tua espressione è cambiata. Sei un'altra. Sono bellissimi i tuoi occhi ora"

siediti in posizione di riposo con i pollici rivolti verso l'alto  e  le braccia inclinate a 60°  e rimani in questa posizione per 3 minuti, respirando lentamente e profondamente

in posizione di riposo, poni i palmi delle mani uno di fronte all'altro,  concentrati sull'energia che senti tra le tue mani attraverso la Silver Cord, dalla colonna vertebrale alle gola, per 5 minuti


Ora, apri le tue braccia, parallelamente alla terra, i palmi rivolti verso il cielo,
accogli l'energia che hai accumulato precedentemente. Rimani in questa posizione per 3 minuti.



Poi, prendi le tue mani, e ponile nella parte del tuo corpo che desideri guarisca.
Rimani così, finchè senti l'energia fare il suo effetto.


E così la mia pancia, le mie cicatrici, le mie ovaie, il mio utero, la mia unica tuba, hanno avuto un dono oggi. Nuovamente.



Alla fine, la lezione si è conclusa con una nuova coccola. Una meditazione con il Gong solo per me. Io al centro della stanza, e un bagno armonico di guarigione.



Rinata e rigenerata nel corpo e nell'anima, tornata a casa ho trovato nuovi doni.
Petalo Blu mi ha fatto trovare il suo regalo d'amore.
Inaspettato.
Colmo di solidarietà.
Come solo un'altra donna sa fare.
Come solo un'altra donna che sa cosa vuol dire cercare la speranza, coltivare la positività, seminare amore, rivedere con la lente della gioia il dolore della quotidianeità.
Grazie Sirvia per quello che hai saputo darmi, pur conoscendomi solo attraverso queste righe, grazie per aver aperto le tue braccia con i palmi rivolti verso il Cielo, accogliendo, me, il mio dolore, e tutta la mia zoppicante capacità di voler stare bene.
calamite di verità

senza partecipare all'iniziativa delle stoffine, una stoffa profumata, grande, che diventerà il lenzuolino del mio bambino


il "suo" naso rosso di Speranza, 
che ora è anche il mio.



ho dolore alle cicatrici
da qualche giorno
soprattutto a sinistra
dove la tuba non c'è più

e non era mai successo

ho dolore ai ricordi
da tanto tempo
ed era già successo

ho sognato di avere tracce di cobalto nel sangue
e questa era la causa degli aborti
cosa significa non lo so

so che vorrei non scrivere più quella parola
e a 39 anni voltare lo sguardo altrove
e non sentirmi come sono
ancora

giovedì 4 aprile 2013

Poter scegliere.

"La questione di fondo è che si può stare di fronte alla vita e alla morte solo ricono­scendo che hanno un senso e ultima­mente non dipen­dono dall’uomo"


Ho trovato questo articolo, dal blog di Costanza Miriano.

Battere l'aborto con la comfort care

Sono contro l'aborto.
Per le esperienze che ho avuto, ma non faccio proclami, non seguo le associazioni pro-life, non pubblico video choc contro gli abortisti.
Non vado mai all'estremo delle posizioni.
Non mi appartiene questo modo di pormi. 
Valuto.
Cerco di mediare.
Cerco di comprenderne i perchè.
Questo articolo mi commuove.
Ora non scrivetemi che ognuno fa le sue scelte e che dobbiamo avere la libertà di scegliere.
LO SO.
va bene.
siamo tutti daccordo.
Non è quello che mi interessa, ora, però in questa sede.

Cerco pezzetti di speranza.
Quando li trovo li metto da parte come in una collezione.
Questo punto di vista medico è un pezzetto di speranza per me.

"Dovevo dare tutto di me come medico, ma la sua vita era nelle mani di un Altro che si faceva conoscere attraverso il pa­ziente stesso"

Spesso mi capita di pensare che se un giorno uno dei miei bambini si fermerà qui, potrebbe avere qualche patologia grave genetica, perchè nessuno mi ha escluso categoricamente che il problema non possa essere genetico.
Mi vedo di fronte a situazioni del genere, mi immedesimo in quei genitori che hanno vissuto questa esperienza. Mi chiedo cosa farei, dopo tutti questi aborti, mi chiedo davvero cosa farei.
Non è scontata la risposta.
Sapere che, nella pratica, nella quotidianeità, qualcuno può offrirmi un'alternativa mi tranquillizza.
Perchè, se è vero che ognuno di noi debba sentirsi libero di scegliere per l'aborto, è vero anche che spesso, per molti motivi, non certo morali, nelle strutture ospedaliere, la scelta non viene proposta. E' vero il contrario.
E' solo questo.
Non ho problemi a subìre attacchi ideologici sulla questione.
So che questo è possibile che avvenga.
Ma quando si tratta di vita, non ci sono ideologie che tengano.
Conta il cuore.

Ed io ce l'ho grande, perchè deve contenere tutti i miei figli.


martedì 2 aprile 2013

Prima o poi




Ho imparato che gli eventi non sono tutti controllabili.
Ed io non posso controllare tutto.
Ho imparato che i miei bambini verranno da me quando tutte le congiunzioni astrali giuste, adatte a noi, si verificheranno.
Ho imparato che l'anima di ognuno dei bambini passati per la mia pancia, era un'anima che non era giusta per noi, per la mia famiglia, e per questo è andata via.
Questo mi solleva dal senso di colpa che per tanto tempo mi ha perseguitato.
Quel senso di colpa che ti fa pensare che è colpa tua se non si sono fermati.

Secondo lo yoga kundalini, prima del 120° giorno di gravidanza l'anima non è ancora entrata nel feto e non è influenzata dal campo elettromagnetico della terra o dallo stato mentale della futura madre.

E' ancora un'anima libera.

Mi piace pensare ai miei bambini come anime libere che scelgono di incarnarsi in me.
Fino ad ora non mi hanno scelto,
o io non ho scelto loro.
E' un rapporto profondo il nostro, in cui io sono solo il mezzo per traghettare queste anime su questa terra.
Attendo.
Che le nostre congiunzioni astrali ci facciano conoscere.

Prima o poi.