sabato 20 aprile 2013

Cento Micron

La mia lavanda

Mi regalano un libro per il mio compleanno.
Me lo regala mio fratello più piccolo, che ora mi legge, che poi mi fa le punture. Che è il più piccolo. Ma che nella mia storia, tutti hanno un ruolo, anche chi non sa cosa vuol dire procreazione assistita, o aborto, o gravidanza.
Basta l'amore.
E quindi questo libro racconta una storia, io riporto questo brano, perchè è il punto di vista del biologo, e questo punto di vista non l'ho mai considerato. E in effetti, non dovrei considerarlo, ma va bene. Va bene anche questo. 
Non nego di aver risentito il freddo di quella sala operatoria di quel giorno, e di aver ingoiato due grandi lacrime.
Ma ho anche rivissuto quei momenti di purezza, quei momenti in cui la vita si formava, e l'emozione di quegli attimi, e le telefonate a quei biologi, per avere gli aggiornamenti della loro crescita.
Non smetterò mai di ringraziare la scelta che abbiamo fatto in quei mesi, anche se per noi, non è stata la soluzione. Per noi la storia scritta è un'altra. E' stata altro. Sarà altro. 


"Guarda", le dice Bianca a voce bassa, indicando al di là di una grande porta aperta, "stanno prendendo gli ovuli".
Un passo solo e sono dentro la sala operatoria. Eva sobbalza, non se l'aspettava, non pensava che permettessero l'ingresso agli estranei, ma Bianca avrà chiesto il permesso a tutti, e c'è questa donna sdraiata sul lettino, e intorno a lei, nella semioscurità, tre o quattro figure affaccendate, l'anestesista le tiene una maschera di gomma trasparente premuta sul viso, "Ok, dorme", dice.
Il ginecologo, seduto tra le gambe di lei, così terribilmente spalancate - ... - muove la sonda nel corpo della donna, attraverso lo speculum, gli occhi fissi sul monitor dell'ecografia, dove tremola l'immagine delle sue ovaie. 
Eccoli lì, anche Eva riesce a riconoscerli facilmente, i follicoli: piccole cavità nell'ovaia, piccole bolle scure sul monitor. In ogni bolla naviga un ovulo, troppo piccolo per essere visibile, ma c'è, loro lo sanno: dove c'è un follicolo c'è anche un ovulo.
Eva vede nel monitor l'ago che si muove, che entra nella bolla scura, allora il medico preme un tasto e l'ago risucchia il liquido del follicolo, che si svuota e collassa come un minuscolo palloncino.
Con un sibilo le poche gocce di liquido succhiate via corrono lungo un tubicino trasparente, colano in una provetta poggiata lì accanto, su un ripiano di metallo.
"Uno", conta il ginecologo a voce alta: é lì dentro, adesso, l'ovulo, nella provetta, e intanto lui ha già infilato l'ago un pò più in là, sta già succhiando da un altro follicolo. Si sente di nuovo il breve gorgoglio della pompa, il gocciolio nella provetta. "Due", dice.
"Sta per svegliarsi", dice l'anestesista.
"Dammi un altro minuto", dice il ginecologo. L'anestesista preme una valvola, si sente il gas soffiare nella maschera, sul viso della donna addormentata. Il ginecologo infila l'ago più in fondo.
(...)
"Tre", dice il ginecologo, "finito". Ritira la sonda con l'ago dal corpo della donna con un gesto così fluido e veloce che non si è certi di averlo visto. 
L'anestesista le ha tolto la maschera dal viso, adesso la chiama a voce alta, la scuote: 
"Chiara!Chiara!Mi senti? Chiara alzati!", dice con tono imperioso, prepotente; la donna mugola qualcosa, apre gli occhi, l'anestesista continua a scuoterla.
Tutta la procedura è durata pochi minuti, il ginecologo si sta togliendo i guanti di lattice, la donna è già in piedi: "Venga", dice l'infermiera, se la porta via attraverso una porta più piccola, di lato.
(...)
Tre o quattro persone, le tute di carta e le mascherine: lavorano veloci, i colleghi di Bianca, qui dove gli ovuli vengono fecondati, si muovono con gesti rapidi. Bianca ha versato gli ovuli dalla provetta in un piccolo recipiente piatto di plastica trasparente, guarda nel microscopio, Eva nello schermo vede tutto quello che Bianca fa, nel momento in cui lo fa.
"Sì, sono tre, ci sono tutti, vedi?", Eva li vede, avvolti in una specie di membrana. "Ora li libero", dice Bianca; armeggia con una sottile siringa di vetro, li succhia e li risputa, finchè ognuno dei tre ovuli è sgusciato dalla membrana.
Eccoli lì, adesso sono così uguali alle cellule con cui Eva lavora tutti i giorni, cellule di sangue di topo, magari, o di cervello di ratto: sono quasi identiche. Impossibile riconoscere queste cellule, tonde, traslucide come microscopiche bolle di sapone, impossibile dire che queste non sono cellule di rana o di topo o di zebra, ma sono, sì.
Sono uova di donna.

Eva ha visto tutto, ha visto quando Bianca ha scelto gli spermatozoi: in quel forsennato correre per il recipiente, gli occhi piantati nel microscopio, Bianca, uno alla volta, ne ha scelti tre.
A ognuno ha spezzato la coda con un colpo d'ago per immobilizzarlo, lo ha succhiato su per la sottile punta di vetro.
E poi, ecco, questo è il momento, li ha iniettati negli ovuli. 
A ognuno dei tre ovuli ha bucato la parete, in ognuno ha iniettato uno spermatozoo.
Eva lo ha visto, nel monitor.
Come si vede sempre nei filmati.
Ma è completamente diverso, vederlo con i tuoi occhi.
E' così diverso, Eva non saprebbe spiegare perchè, ma è così incredibilmente, infinitamente diverso.
I colleghi di Bianca stanno compiendo le stesse operazioni con gli ovuli delle altre donne della mattina. Ce ne erano dieci in lista, e in un paio d'ore i medici hanno prelevato gli ovuli a tutte, e adesso Bianca e gli altri biologi li stanno fecondando. Tra poco avranno finito. Le uova, ognuna nella sua minuscola piastrina di plastica, ognuna immersa nella sua goccia di liquido nutriente rosato, verranno messe a crescere dentro questi apparecchi che mantengono la temperatura e l'umidità, tutte siglate e allineate in ordine sui ripiani di metallo.
(..)
Hanno un fascino ipnotico, a guardarli, pensa Eva..
Forse il fascino della simmetria, della loro regolarità quasi magica. Forse lo stupore di pensare che da così piccola cosa potrebbe scaturire una vita intera, tutto l'infinito peso di una mente, dei gesti, dei pensieri, di una memoria. Eppure sono così piccoli, Eva li guarda, ingranditi sullo schermo, ma sono così piccoli, pensa. Solo cento micron. Frazioni di millimetro, lo spessore di una pagina di quaderno. Questi embrioni che Bianca adesso velocemente controlla, e fotografa al microscopio, e qualcuno lo scarta.
Li scarta se non ce l'hanno fatta, e invece del gruppetto regolare e ordinato c'è solo un ovulo inerte e moribondo che non è mai riuscito a partire. Li scarta se invece di quattro cellule tonde e lucide ne vede tre, o cinque, o sette. Asimmetriche, minuscole, oppure gigantesche.
Eva pensa ai pesci femmina, che rilasciano milioni di uova nel mare, nubi infinite di uova che si disperdono nell'acqua come volute di fumo, in attesa dello sperma che le fecondi. Solo poche incontrano lo sperma, nel mare infinito.
Un terzo delle gravidanze naturali delle donne normali vengono abortite prima che la donna stessa se ne possa accorgere.
La natura abbonda, scialaqua. La natura non risparmia, va a casaccio.

(...)
I colleghi di Bianca stanno facendo quello che fa lei: ombre bianche chine sui microscopi, controllano gli embrioni da reimpiantare tra poco, alle donne della lista del pomeriggio, che stanno fuori e aspettano il loro turno e ribollono di ansia.
Loro invece lavorano veloci.
Sì, pensa Eva, me lo aspettavo, certo, ma poi solo quando lo vedi con i tuoi occhi capisci davvero, solo quando lo vedi con i tuoi occhi ti rendi conto che.
I gesti con cui si fabbrica un essere umano non sono diversi da quelli con cui un artigiano infila le sue perle sul filo di una collana.

Marta Baiocchi -  "Cento Micron"

13 commenti:

  1. Mi ha completamente travolto questo testo... che dire. Sono senza parole.

    Penso a quanto sia piccolo un micron...e a quanto sia potente...e a una prospettiva a cui non avevo mai pensato!

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  2. Oh Dio...ricordi profondi...
    Raffaella

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  3. Mio Dio! Per chi non passa da questa porta è inimmaginabile il doloroso percorso che fate.
    Vi abbraccio tutte

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  4. la natura va a casaccio, e be' me ne ero accorta.
    bacioni Sandra la milanese

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  5. Io però lo trovo più intenso che doloroso... :)

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  6. Ooh sí è meraviglioso. È strano ripercorrere tutto e riviverlo con gli occhi del biologo.
    Anzi, in un certo senso, viverlo per la prima volta poiché imiei occhi erano chiusi e la coscienza temporaneamente OFF.
    Posso solo immaginare quel momento, il momento del prelievo.. e in fondo, hai ragione, quest'immagine dell'artigiano che infila le perle è molto intensa. Anche il pragmatismo.. a volte può diventare poesia

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  7. Ma tutte voi l'avete fatto in anestesia, praticamente addormentate? Perché io no, nel mio Centro mi tengono completamente sveglia, dunque io sento tutto, (dolore compreso, ma questo non è un problema) e devo dire che sì, è emozionante, conteggio compreso..perché quando il biologo nella stanza a fianco tenuta con la porta aperta apposta perché io possa sentire, mi dice ad alta voce one, two, three, ten, eleven, fifteen follicles, io ad ognuno gioisco e spero (...e spesso mi sciolgo in lacrime di tensione e sollievo perché almeno la prima tappa l'abbiamo superata!)
    baci

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    1. non tutte, nina per esempio, lo ha fatto da sveglia e anche Agnese. Nei centri pubblici in Italia, generalmente è da sveglia, non vorrei dire una cavolata, mi sembra sia così...
      cmq, si tratta di un'anestesia di pochissimi minuti...io sono stata così male con il pick up che non oso pensare a come sarei stata da sveglia...ma ho prelevato solo dall'ovaio destro 10 follicoli ed era grosso come un pallone, ecco perchè stavo male...

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  8. Bellissima metafora quella delle perle.
    Annina, non capitavo qui da qualche giorno e trovo tutto rosa?? Meraviglia!

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    1. stucchevole vero?! :D

      preparo la cuccia per la mia bambina...
      :)

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  9. Dal cellulare...ma tra ppco ripasso...vi adoro. La cuccia..le perle...grazie..

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  10. Dal cellulare...ma tra ppco ripasso...vi adoro. La cuccia..le perle...grazie..

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grazie per essere qui.