giovedì 17 dicembre 2015

La mia storia

Sono un architetto che studia per realizzare il suo principale progetto di vita: fare, avere, respirare dei figli. Perchè uno solo non va bene, ne vogliamo almeno due. Questa è la conclusione a cui si è giunti trascorsi i primi 24 mesi di ricerca del primo.
In attesa di incontrare il proprio bimbo, ho una stellina salita in cielo a giugno 2010 che veglia su di noi, e un'altra che si è accesa  e poi si è spenta subito a marzo 2011. Poi sei arrivato tu, a settembre, una nuova luce, flebile come quella di una candela ma decisa e intensa. Stavolta ti abbiamo visto in eco, ma anche tu, hai deciso di lasciarti andare. A maggio 2012 sei tornato, forte e deciso a rimanere, ma stavolta il destino ha giocato un'altra carta, preparandoti la culla nella mia tuba sinistra. Per te ho rischiato di morire: ho perso un pezzo della mia maternità insieme a te, e parte della mia fertilità.
E non mi sono arresa. Ti ho cercato ancora, chiedendo aiuto alla scienza che mi ha restituito te moltiplicato per 4 blastocisti. Trasferite le prime due a ottobre 2012 sei diventato parte di me fino a dicembre e poi sei andato via di nuovo, costringendomi nuovamente ad entrare in ospedale per un raschiamento.
Ad aprile vi ho chiamato ancora, a gran voce. Ricostruita dalla pratica yoga e piena di forze vi ho chiesto di rimanere, ma non mi avete ascoltato nemmeno quella volta.

Sono una donna ora, parzialmente fertile, di nuovo su questa strada di attesa, che cerca di ricostruirsi dalle sue macerie, senza un perchè, una ragione da combattere per i vostri addii.

Un motivo ci sarà a tutto questo e per questo lavoro e vivo,
perchè alla fine arriva sempre una mamma.


Il blog si ferma qui.
Resta aperto per permettere di leggere cosa è accaduto in passato ed essere di aiuto a chi ha vissuto, suo malgrado, delle perdite in gravidanza e per chi desidera avere figli e non riesce ad averne.
Chi volesse seguire ancora allafinearrivamamma può scrivere all'indirizzo anais@inwind.it per chiedere il link del nuovo blog dove non si parlerà di abortività ma di cammini.

Un grazie a tutti coloro che sono passati di qui e si sono fermati.

Anna

mercoledì 16 settembre 2015

Ora è tutto diverso


Questo è il mio lago in una giornata di questa lunga e difficile estate.
Ve lo riporto qui, così da far capire perchè amo il mio lago.
Il panorama è conosciuto, l'orizzonte finito.
Ho la sensazione di avere tutto sotto controllo.
Ora è tutto diverso.

Il blog rimane chiuso e aperto per chi capita da queste parti e vuole leggere 
ciò che è accaduto sin qui.
I temi dell'abortività, del lutto perinatale, della speranza, della consapevolezza, sono pietre che hanno costruito la nuova me e non è vero che ora bisogna guardare avanti senza voltarsi indietro, perchè io oggi sono questa persona grazie a ciò che è stato.

Per chi vorrà ancora seguirmi, scrivetemi, vi darò il link al nuovo blog, che non pubblico 
per ragioni già spiegate in passato.

Grazie per essere stati qui e grazie per tutto l'amore.
Anna

lunedì 22 giugno 2015

Accoglienza, accettazione. Addìi.

Dopo un anno che non ci vedevamo:
ciao dottore. Ho fatto una pma omologa senza dirtelo. Però ti voglio bene lo stesso. Tu me ne vuoi lo stesso? si me ne vuoi.
Mi abbraccia e allarga le braccia. Cioè lo fa in senso lato, ma comunque a me è parso di vedere le sue braccia allargate. E poi mi chiede come è andata. E gli dico che sono qui, altrimenti sarei lì, e che niente. E allora allarga le braccia di nuovo (sempre in senso lato) e a me viene da piangere, perchè avrei voluto tanto portargli una gravidanza alla dodicesima settimana, quel tempo oltre il quale, per quelle come me è consentito tirare un sospiro di sollievo. Poi mi guardo intorno e le foto dei bambini appena nati, appesi ai muri sono aumentate. Gli chiedo se si ricorda della mia amica, quella che gli avevo presentato un anno fa dopo una pma nel pubblico, quella che le ho presentato dicendogli "è come mia sorella, si sente persa, ha paura, ti prego, aiutala come fossi io", quella mia me, a cui ho dato cuore, anima e ubriacature di rosso buono, e amore e disperazione e tante risate. E che nonostante il suo silenzio verso di me (inspiegabile per me e pieno di preoccupazione) durato nove mesi, io ho atteso piena di speranza. Glielo dico perchè vorrei dirgli che poi lei alla fine il bimbo lo ha in braccio e che i sogni si avverano, a volte.

E poi rimanere immobile, con le gambe aperte, mentre ti  controlla che due stimolazioni non abbiano fatto troppo casino, e che questo corpo prima o poi non ceda, mentre ti controlla ecco, sentirlo dire che "si, certo. L'ho fatta partorire io, non lo sapevi?"  e sentire, in quella posizione, un senso di abbandono salire su, dalle tue gambe, dentro la tua perfetta cavità uterina che non genera, e poi risalire le tube, no, l'unica tuba, e comprendere che, per quanto in tanto tanto tempo si è pensato che con-dividere il dolore possa essere di aiuto per dividere a pezzettini la sofferenza, in modo da poter almeno arrivare a condurre un'apparente serena esistenza, tutto questo è stato una bugia.
La com-prensione e la riconoscenza hanno viaggiato a braccetto per molto tempo sin qui, fino a quando oggi, ma non solo, ho capito quanto ognuno di noi è solo davanti alla sofferenza e quanto non si vuole vestire i vestiti dell'altro, nella totale incapacità e impossibilità e desiderio, prima di ogni altra cosa, di sopravvivere a se stessi prima che all'altro.
Ho buttato il cappotto viola della prima volta che ci siamo incontrate. L'ho fatto da mesi. Così come ho buttato tutti i vestiti che indossavo ogni volta che mi hanno detto che avrei abortito.
Perchè è difficile dimenticare, ma si può lavorare intorno per cancellare i segni, affinchè rimangano solo quelli indelebili, quelli dentro la pancia. Tutto il resto è cancellabile, ed io ho cancellato.

Ho fallito.
Sono una mamma che ha fallito e che ha combattuto fino a mettere a repentaglio la propria vita, per proteggere i propri  figli.
Contro tutto ciò che diceva di non farlo.
Non li ho potuti salvare, per quanto io abbia fatto il massimo per farlo. Mi sono spinta oltre i miei limiti, e non li ho salvati.
Ora è tardi.
Continuerò a chiamarli, ma è tardi.
Sono una di quelle persone malate che si chiede "perchè a me", come le persone che hanno un cancro, che hanno una malattia inguaribile.
Tante volte ho parlato di Pamela in queste pagine.
In questi cinque anni, quante volte ho parlato con lei nei miei sogni. Quante volte lei si sarà chiesta "perchè un cancro a me?perchè io muoio e lascio qui mia figlia?".
Eppure, io darei la mia vita per avere uno dei miei figli qui.
Ho combattuto, ho lottato tanto.
E ho fallito.
Come madre, come amica che ha pensato di dare tutto, come sorella, come donna e amante.
Sono stata concepita con un errore, quello di non poter procreare.
Sono fallata.
Uno scherzo della natura.
E ora fatevi avanti, voi che accettate ciò che è stato deciso per me. Voi che alzate le vostre bandiere di presunzione, perchè siete in grado di accettare tutto ciò che la vita vi propone. Fatevi avanti e giudicatemi.
Ditelo che si vive anche senza figli e che i miei non sono esistiti.
Ditelo che se non si è in grado di accettare ciò che non si ha, non si è in grado di accettare se stessi.
Ebbene avete ragione.
Io non lo accetto.
Non accetto di essere stata un'assassina in questi anni, perchè l'aver chiamato qui tutti i miei figli ha significato andare contro la mia natura di donna non in grado di dare vita.
Deliri?
Stateci voi in quella posizione a gambe aperte, mentre l'ennesimo strumento ti esplora per cercare di capire, e ascoltare che hai fallito anche come amica oltre che come madre, nell'illusione che la condivisione potesse guarire.

Io non sono guarita e probabilmente, in tutto questo tempo, non ho guarito nessuno.

ac-cò-glie-re (io ac-còl-go)
                 Ricevere qualcuno o qualcosa; accettare
 L'accoglienza è un'apertura: ciò che così viene raccolto o ricevuto viene fatto entrare - in una casa, in un gruppo, in sé stessi. Accogliere vuol dire mettersi in gioco, e in questo esprime una sfumatura ulteriore rispetto al supremo buon costume dell'ospitalità - che appunto può essere anche solo un buon costume. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l'altro diventando un tutt'uno con lui.
Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. 
Allora, io accogliendo ho fallito, rassegnandomi.


Tornare oggi dal mio dottore, dopo un anno, è stato come tornare a casa. Io so come stanno realmente le cose, ma non le accetto. E questo è il più grande e colossale errore di tutta la mia vita.
Giudicatemi.
Fatelo attraverso queste pagine, che sono tutto ciò che io ho condiviso nell'intenzione di raccontare a me stessa e a chi mi ha tenuto la mano sin qui, cosa vuol dire imparare ad essere una madre.
Io lo sto ancora imparando, ma non ho dubbi sul fatto che darei la mia vita per i miei figli, forse questo mi colloca di diritto nella casella genitore.
Che io sia un uomo o una donna, sposata o single, sorella o amica, poco importa. Sono un genitore.
Senza riconoscimenti.
Perchè la natura ha deciso per me.
E siccome non lo accetto, non è giusto che io combatta ancora.

Avete vinto voi.
Questo è il traguardo.
Bravi.




Questo è un addio. Qui.
Credo di aver detto tutto sin qua. Anche oltre. Molto di più.
Ciò che ancora vorrei dire non desta più attenzione, o comunque, non aiuta, come io pensavo facesse ad un certo punto.
Di commiserazione non si vive.
Di braccia aperte, come quelle del mio dottore, invece sì.
E so che ne incontrerò molte nel frattempo, nonostante tutto ciò che ho appena detto.
Perchè ho fiducia.
Un'inguaribile fiducia nel prossimo.
E un sogno nel cassetto.
Quello che alla fine arriverà mamma.









anais@inwind.it
io ho condiviso, adesso non più,
attendo voi ora.

lunedì 15 giugno 2015

Una richiesta

Care amiche, io e un'altra donna stiamo scrivendo un libro sulla pma e sulle nostre vite mentre facciamo questo percorso.
Non conosco tutte le vostre storie, molte di voi conoscono me, ma non io voi, e quindi vi scrivo.
Mi piacerebbe ricevere le vostre storie, se vi va di partecipare.
Naturalmente, in forma anonima o con il vostro nome, questo lo deciderete voi.
Dovreste scrivere massimo due pagine Times new roman 12, seguendo questi semplici ma importanti punti:
1. come hai scoperto di non poter avere figli in modo naturale e come ti sei sentita
2. quando hai iniziato questo percorso: raccontaci i dosaggi dei farmaci, le punture o altro.
Mettici i numeri per favore perché il titolo "E' do i numeri perché aspetto te" (numeri dei dosaggi, le ore in cui vai a fare i controlli, le date, i tuoi anni... Più cifre ci sono meglio sarà)
3. La cova: cosa fai, cosa pensi con chi sei chi lo sa
4. Le beta
5. Come stai ora
6. Come vedi il tuo futuro.




Ho condiviso tanto in questi cinque anni, l'ho fatto per me, ma spesso anche per voi, ora sono io che chiedo una cosa a voi.
Mi rivolgo in particolare anche alle donne che mi hanno inviato le Happy Pills e le storie di Bolle nel tempo ma che ora non riesco a rintracciare se non da qui.
Ho bisogno di voi, soprattutto in questo momento.

E' il mio piano B?
No, stiamo scrivendo da tempo ormai e il progetto non riguarda il fatto che questo ultimo tentativo non è andato.
Il mio piano B, sarà un altro, e naturalmente è già in cantiere.
Ormai mi conoscete, io non mi fermo, ma non per questo, accetto il giudizio di chi non ha mai provato il mio dolore.
Credo che l'umiltà debba essere alla base del rispetto del dolore. Credo che, il giudizio, quando è mascherato da preghiera, sia più pericoloso di una preghiera ingenua recitata con amore. Credo che la presunzione di conoscere quel dolore, e quindi di giudicarlo, sia un peccato grande tanto quanto chi pensa di poter dire all'altro cosa è giusto chiedere a Dio e cosa no.
Continuerò a chiedere e a pregare con forza, come molte persone fanno ogni giorno per noi senza che io lo chieda loro.
E' stato un periodo intenso e faticoso, ma non triste. Mi sono sentita circondata di amore e in forze.
Per questo, e grazie a molti di voi, la ripresa sarà veloce.
Ho gettato delle solide basi affinchè i miei figli possano sentirsi sicuri.
Non ho mai pensato a loro come miei e non mi ha mai sfiorato un sentimento di possesso nei loro confronti, ciononostante, il mio agire, pur avendo condiviso nel tempo tutti i miei dubbi e tutte le mie paure, viene comunque giudicato costantemente dagli uomini, nella presunzione di conoscere la mia condizione e quella di persone nella mia stessa situazione.
I figli non si posseggono, certo.
E i processi e i cammini di accettazione che si fanno verso se stessi per i figli che non arrivano o non arriveranno mai, non vanno mai giudicati in nome di Dio.

E l'amore per chiamarli questi figli, non si può chiudere e stigmatizzare e in nome di questo, io vado avanti.
Comunque.




Grazie a chi vorrà partecipare, mandatemi le vostre storie su facebook (Allafine Arrivamamma) o ad anais@inwind.it

postilla del 17 giugno:
Non è che mi servono solo storie di PMA a lieto fine. Se fosse questo il criterio, io sarei la prima esclusa. Non ci interessa sapere solo se le vostre betahcg sono state positive, ci interessa anche il vostro zero. Perchè ZERO è un numero reale. E non è un numero nè positivo nè negativo.
Scadenza: facciamo quando potete voi, poi ad un certo punto io vi verrò a tirare le orecchie.
Passate parola.
Anna



mercoledì 10 giugno 2015

Noi

Dopo qualche tempo che noi due dormivamo nello stesso letto, mi sono accorta di una cosa.
Nel dormiveglia, quando stai quasi del tutto cedendo al sonno vero, lui si muoveva.
Un movimento impercettibile che all'inizio non capivo.
Osservandolo poi capii cosa mi ricordava.
Si cullava.
Un movimento appena accennato del suo corpo, ripetuto su se stesso, come quando tenti di addormentare un neonato cullandolo con una nenìa.
Chiesi spiegazioni e mi disse di non essersene mai accorto,  ma che, ora che glielo facevo notare, era un movimento che veniva da lontano, quando sua madre lo cullava nel letto prima di addormentarsi. Negli anni, inconsciamente, per addormentarsi, a sua volta, lui ripeteva quel rito.

Ieri notte, spenta la luce, io ero di spalle e ci siamo ritrovati abbracciati.
In quel momento ho sentito intensamente il bisogno di essere cullata e, in quel momento, mi sono accorta che lui, quel movimento non lo faceva più da anni.
Gli ho chiesto: "non ti culli più prima di addormentarti, te ne sei accorto?"
E lui, non se ne era reso conto.
Non lo fa da quando si prende cura di me, da quando siamo l'uno, la vita dell'altro.

C'è una frase che le persone che ci sono intorno  continuano a ripeterci: "voi siete la forza insieme, siete l'amore, la cosa più importante siete voi due", nel tentativo dolce di consolare due persone come noi che non hanno figli.
Ma noi lo sappiamo.
Non ci diamo per scontato, sappiamo esattamente cosa l'altro sta pensando e sta provando in un preciso momento, questo preciso momento, e sappiamo come camminare nel mondo, senza inciampare.
Quando ci gridiamo contro, non lo facciamo per disperazione, è per ripetere a noi stessi, che se gridiamo e non ci teniamo tutto dentro, allora una soluzione la possiamo anche trovare.
Ogni volta, ogni prova, ogni ostacolo, ogni insormontabile apparente problema, lo viviamo da dentro, all'unisono, e poi lo digeriamo, e lo rivomitiamo. E troviamo la soluzione.
Non c'è bisogno di dirci che siamo noi la forza.
Lo sappiamo.
Senza di noi, tutto questo non potrebbe accadere.
Anche tutta questa ricerca estenuante, certo no, non potrebbe accadere.
Ed io, lui, staremmo meglio? E chi può dirlo?
Abbiamo scelto.
Consapevolmente.
E camminiamo.
Anche adesso che la parte più difficile tocca a me, quella fisica, non rimpiangiamo ciò che siamo.
Stiamo rinunciando a molto. Nei momenti di stanchezza, ce lo rinfacciamo, facciamo il gioco dei se, dei se fosse.
Alla frase di sconosciuti che ci dice che "non credete eh, che poi la coppia con un figlio, fatica, scoppia", rispondiamo che la coppia scoppia anche se non riesce ad avere un figlio.
Ma noi no.
Navighiamo a vista, cercando di intravedere la costa, a volte la tempesta ci porta più vicino, e ci sembra quasi di poter toccare terra, ma ecco che un'ondata ci riporta in alto mare, e dobbiamo ricominciare tutto daccapo.
Adesso abbiamo perso la bussola, non sappiamo più dove siamo andati a finire.
Ma lo sappiamo, che se ci teniamo a vicenda, non affoghiamo.

lunedì 8 giugno 2015

Ciao



Beta negative.


Fidatevi di quello che dico, ormai mi conoscete no?




Grazie per tutto l'amore incondizionato che siete stati in grado di darmi in questi lunghi giorni.
É stato un post transfer dolcissimo.

domenica 7 giugno 2015

C'erano una volta tre embrioni che ora no.

Come fanno a diventare 288 ore di attesa, un manciata di secondi di silenzio assordante?



Basta andare in bagno e trovare delle leggere perdite di sangue sulla carta.
No signori, le perdite da impianto arrivano tra il 6° e il 7° pt.
Cerchiamo di essere realisti.
Questo è un inizio di ciclo.
E così, anche loro sono andati via, lasciandomi qui da sola.

Ora silenzio.
Il resto, tutto quello che arriverà, lo conosciamo già.

martedì 2 giugno 2015

Sarà, se sarà, perchè è così che devono andare le cose.

Sono calma, di quelle calme senza respiri.

Una settimana insieme.
Quei tre mocciosetti sono con me da una settimana.
Non ci parliamo molto.
Io li sento la notte, quando le voci si placano e le luci non ci spaventano.
Metto la mano lì e li sento.
Ho imparato ad usare l'energia delle mani grazie allo yoga in questi anni, e ora le uso così.
Stanotte, ce la siamo spassata, noi quattro, così.
Le giornate sono lente, le ore scandite da medicine e da punture, ma questo lo sapete.
Non mi lamento.
Di queste medicine non ho paura.
Dormo spesso durante il giorno, e ho fame, continuamente.
Non ho molto lavoro.
Ho fermato il mondo e le conseguenze sono che non ho scampo. Il mio lavoro ora è quello di custodirli e di tenerli qui, niente altro può essere più importante.
Durante il giorno, i sintomi da ciclo vanno e vengono, il mio umore con loro.
Non ci si potrà mai abituare all'altalena del post transfer, nemmeno una veterana come me può farlo davvero.
Ma sono calma, differentemente dai precedenti post transfer, dove uno stato di agitazione mi chiudeva la gola e non mi faceva dormire.
Stavolta, dormo, e non vedo l'ora di farlo, per incontrarli nei miei sogni.

Non so davvero se ci sono o se mi hanno lasciata. La paura mi blocca, quella sì, è rimasta.
Non so cosa farò poi se mi lasceranno, sono forte ma non ho un piano B. Lo progetterò al momento.
Non li immagino.
Sono lontana da tutto ciò che potrebbe costruire un rapporto con loro che mi renderebbe ancora più dipendente di quello che già sono.
Una settimana fa sono stata felice.
Di una felicità intensa, profonda. Una sensazione che non provavo da tanto tempo.
Sono stata felice e per ora mi basta.
Se vivi così, e scegli di vivere così, è tanto, perchè riesci ad assaporare cose che prima nemmeno vedevi.
Piangerò e mi straccerò le vesti, o probabilmente come prima battuta, non scriverò più, chiuderò questo blog, mi sentirò stanca e getterò la spugna, se loro dovessero lasciarmi. Ma tanto ormai, chi legge, lo sa come sono, e sa anche che tornerò poi, con il piano B in mano.
Ho imparato a rispettarmi, prima di rispettare gli altri.
Che suona male così come è messa, ma se non lo hai mai fatto, fai male a te stessa. Ed io, per gli altri, mi sono fatta molto male.
Non chiedo più.
Oggi è il compleanno di Filippo. Il mio angelo è con me, il suo sorriso mi accompagna tutte le mattine ad iniziare questi giorni così lenti e difficili.
Non dipende da me.
Non dipende da nessun altro.
Sarà, se sarà, perchè è così che devono andare le cose.

mercoledì 27 maggio 2015

Storia di un trio

Questa è la storia di un trio che, tra tante difficoltà, scivolò attraverso un tubicino dentro una cavità morbida e buia, ma che sapeva di casa.

Il trio si teneva stretto stretto e creava una luce, una piccola lucina nel buio di quella cavità.
Il trio era composto da tre principi di vita, fatti di poche cellule, o tante, a seconda di chi guardava loro se attraverso un microscopio o se attraverso un paio di occhiali comuni.
Si tenevano insieme per forza di gravità e sin lì, tutto sommato, le cose erano andate bene, senza tanti sforzi fisici degni di nota da parte loro, finchè, mentre galleggiavano beati in una sorta di miscuglio gelatinoso e trasparente, non sentirono una voce:
"sei pronta?" 
poi due voci :
"si. Vai."

Poi la luce.
Poi una forza che li attirava verso l'alto, e poi attraverso un tunnel trasparente, veloci, verso quella luce.
Di nuovo nessuna luce.
Prima di arrivare capiscono che il luogo dove arriveranno è buio, ma non fa paura.
Si accendono le luci.
E' pronta una festa.
Vai!
Giù!
scivolano dal tunnel trasparente dentro la cavità illuminata.
E' morbida.
Calda.
fa solletico.
Si tengono stretti quei tre.
Che paura.
E poi,
questa è casa.

Non dobbiamo avere paura, dice il più grande.
Sento un odore di buono, dice il medio.
Mi viene da accomodarmi, dice il più piccolino.
Tutto intorno è silenzio.
Un istante in cui nulla si muove.
Tutto è sospeso.
Poi le luci si spengono.
Sentono un respiro, la cavità si muove. Loro ci ballano dentro.
Di nuovo un respiro.
E poi un sussulto.
Forse un singhiozzo.
Ma cosa ne sanno loro delle lacrime.

Nel buio, attraverso un monitor, una piccola luce brilla.
"sono qui signora, li vede? Esattamente al centro"

Li vedo.
Bentornati a casa figli miei.




domenica 24 maggio 2015

Cinque (5)


"Voi siete nati insieme
e insieme starete per sempre.
Insieme quando le bianche ali del tempo
sperderanno i vostri giorni.
Insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unità
e tra voi danzino i venti dei cieli."
( P. Neruda) 

Cinque (5),
combattete.
Ancora da soli.
Poi ci penso io .
Combattete ancora.
Poi saremo di nuovo insieme.

giovedì 21 maggio 2015

Fare spazio.

Eppure,
nonostante le meditazioni per ripulire il karma, le preghiere, le speranze, la maturità incessante, il disperato bisogno di combattere contro il vento per raggiungere la méta, le situazioni sembrano ripetersi ed io mi ritrovo oggi davanti ad una nuova porta da aprire, busso, sto per entrare.
Cosa c'è dopo.
Ancora non lo so.
So cosa mi aspetta.
Forse perchè vivo talmente intensamente tutto, che i ricordi mi rimangono appiccicati e non se ne vanno. Vivo in uno stato di inconscienza e vago senza capire davvero cosa sta per accadere, perchè tutto è arrivato di corsa, mentre io correvo, mentre il mondo continuava a vivere, ed io imperterrita riempivo le mie tasche di speranza, ancora e ancora.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sono qui, tremante, il fianco destro comincia a far male, ho il terrore che la situazione peggiorerà con il passare delle ore, ma stavolta c'è anche il sinistro, lento, silenzioso, ma ancora in forza.
8+3
sono i numeri che mi gioco.
8 signorini a destra e 3 a sinistra.
Numeroni che affiancati ai miei 41 anni, formano un cerchio magico, grande come gli occhi dei dottori che non credevano per niente ad una risposta tale di un'attempata come me, alla stimolazione.
9 giorni di stimolazione.
18 punture, più qualcun altra, visto che ho sbagliato a bucarmi varie volte.
930 di beta-estradiolo
225 di Gonal, poi 300, poi 350.
nessun antagonista -non c'è bisogno, gli ovuli sono talmente perfetti che non vogliamo intaccare la loro qualità con uno stop&go - mi dicono.
16.5 mm a ieri sera. Tutti. Senza differenze.
Crescita costante, omogenea, perfetta, silenziosa.
Oggi alle 23.30 la puntura libera-tutti, che dopo 36 ore porterà i signorini ad aprirsi  e poi attenderanno di essere risucchiati in un ago e poi attenderanno di essere portati ad incontrarsi con quegli amichetti tutti lavati e ben profumati degli spermatozoi.
Poi toccherà a loro.
Solo a loro.
e allora poi, attenderemo noi.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Dal 20 novembre al 20 maggio, un altro cammino lungo, fatto di esami, paura, lacrime, dubbi, flebo, dieci (10) flebo sin qui per ripulire il mio sangue della sua tossicità, salti, attese, tante ore di attesa nelle anticamere, meditazioni, preghiere, incoscienza.
Otto (8) + tre (3), molto meglio della scorsa volta, nonostante tutto.
Mi sorprendo da sola.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Non si capisce il perchè nel frattempo non ci sia più stato un concepimento naturale visto la mia splendente risposta, ma una delle ipotesi è che l'unica tuba rimasta si sia chiusa perchè danneggiata nel tempo dagli aborti.
E' una risposta plausibile.
A me sta bene. E' una risposta.
Se nel frattempo avessi riscontrato un abbassamento della mia riserva ovarica che so, o un'irregolarità fisica, meccanica, allora avrei avuto dubbi. Invece sono perfetta, un'isteroscopia che fa vedere una cavità uterina degna di medaglie, un nido perfetto.
Tutto è perfetto.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sento la paura risalire dal basso.
Sono i ricordi di ciò che è stato che mi bloccano.
Cosa c'è di diverso stavolta.
Non lo so.
Uno stato di incoscienza misto a determinazione e consapevolezza.
So cosa mi aspetta.
Non voglio un altro aborto.
Non lo voglio con tutta me stessa.
Ma non basta.
Non riesco ad essere leggera, nonostante i miei sforzi e la mia aria da spavalda quando entro nelle sale di attesa piene di donne nella mia stessa situazione.
Vorrei dire che la mia storia potrebbe spazzare via ogni paura che avverto nell'aria, ma sono spavalda e stronza, ma lo sono dentro, fuori faccio finta di niente e sto buona. Solo non voglio sentire nessun altra storia.
In questi giorni non ho fatto altro che leggermi e rileggermi in passato, e mi basto.
Davvero mi avanzo pure.
E non voglio capire oltre.
Non voglio più indagare.
Ho le vene traumatizzate, sono piena di lividi, faccio amicizia solo con gli infermieri che mi fanno i prelievi e le flebo. Mi attacco a loro e racconto anche se non mi chiedono.
Non voglio commiserazione, voglio solo comprensione.
Non voglio battute acide.
Voglio solo un abbraccio.
Un abbraccio.
Ne ho tanto bisogno.
Tanto.
Ecco cosa c'è di diverso stavolta.
Le lacrime.
Mi sono uscite da sole, per tutto il tempo della stimolazione. Anche se io non volevo, anche se non ce ne era motivo.
Lacrime.
A fiumi.
Il perchè non lo capisco.
O forse si.
Ho bisogno di buttare fuori tutto, da sempre, e non l'ho potuto fare mai.
Mi sento in prigione, non so come fare. Devo buttar fuori la tensione e la paura, non posso incamerarla. E' il mio modo di vivere.
Ma non riesco a contenere il giudizio.
Mi sento fragile.
Chi mi ostacola sottilmente perchè ha paura per me, chi lo fa perchè non comprende la mia scelta, chi lo fa perchè non ideologicamente daccordo con la procrezione assistita.
Ancora, nonostante anni di battaglie, ancora quelle parole fuori posto, quelle note stonate che avverto tra una frase e l'altra, quelle note che ti fanno capire che chi hai davanti non ha capito, non ha capito quanto sacro è concepire una vita e quanto santo è il desiderio di concepire, arroccati su posizioni ideologiche invece che umane.
Se avessimo il coraggio di scendere dai nostri piedistalli ogni tanto, ci accorgeremmo che non è necessario scomodare il nome di Gesù per farlo scendere dalla Croce. Egli è sceso sì, ma non per battagliare ideologicamente ma per accogliere la vita, stravolgendo il concetto di morte.
Cosa c'è di diverso stavolta.
C'è che siamo solo noi due.
Tre con Hope.
I tre moschettieri.
Che con le spade in mano combattiamo.
Stavolta, non sono loro I cavalieri. Lo siamo noi.
Come dice la mia insegnante di yoga:
 "la paura la conosci, e una cosa conosciuta è sempre meglio di una sconosciuta".
Una cosa conosciuta si combatte e io so come batterla.
Devo combattere la paura e poi lasciarla andare e fare spazio ad altro.
Fare spazio ad altro.
Ecco.
Alla fine di tutte queste parole senza senso e senza costruzione, alla fine di tutti questi numeri.
Fare spazio.
Eccola la differenza rispetto all'altra volta.
Via tutto e tutti.
Ho spazio solo per tutto quello che sarà e per tutto l'amore, mio e di Fabio per i nostri figli.



Sabato, ore 9.
Pick-up.

giovedì 14 maggio 2015

Solo per oggi.

Io oggi ho il forte bisogno di andare in un luogo o qualcosa su cui pregare, chinarmi e ricordare e lasciarmi andare.
Ho bisogno di un luogo fisico dove poter andare, dove ringraziare, un simbolo, una foto, un piano freddo da toccare. Ho bisogno di ricollegarmi solo oggi, solo  per un istante, un attimo, a ciò che è stato e poteva essere.
Poi ritorno a guardare avanti e a vivere.
Ma oggi no.
E non posso.
E penso a quanto è importante avere una tomba su cui piangere i propri figli per quelle madri che li hanno persi troppo presto.

E io non posso.

14 maggio 2012
Quinto aborto per gravidanza extrauterina.
Salpingectomia sinistra.

mercoledì 6 maggio 2015

Gobinde Mukande

Ieri sera ho imparato un nuovo mantra e una nuova meditazione.
La inizierò con la nuova stimolazione che partirà e, visto che dovrà durare i soliti 40 giorni, sarà perfetta per tutto il nuovo percorso.

Non sono spaventata, non ho paura, lo dico sul serio.
Sono stanca, perchè il lavoro mi impegna e i prelievi e le flebo sono tanti, compreso gestire le incompetenze altrui e il disordine e la poca professionalità delle persone. Ma questo, si sa, fa parte del gioco PMA.
Comunque, il punto non è questo.
Il punto è riuscire a gestire la mia rabbia verso gli altri.
Mi guardo da fuori e sono brutta.
Continuo ad aspettarmi chissà cosa e rimango male, mi sento triste.
Avrei tante cose da dire e non ne ho voglia, mi annoio ad ascoltarmi.

Quindi inizierò questa nuova meditazione:
GOBINDE MUKANDE

Questa meditazione pulisce il proprio karma, aiuta ad eliminare i propri blocchi, ed io ho molti blocchi evidentemente, che mi tengono inchiodata al passato.
Giorni fa leggevo un post di una blogger che ha da poco subìto un aborto, dopo anni e anni di ricerca di un figlio, e alla quale hanno dato i risultati del perchè è accaduto.
Le sue parole mi hanno bloccata.
Sapere la causa ti permette di perdonarti e di ricominciare..."
Io non ho mai ricevuto una risposta, mai una risposta, un perchè mi è accaduto questo in tre anni.
Non ho pace nel mio cuore e non mi arrendo per questo motivo.
Io non mi sono perdonata.
Mi sono fermata e ho avuto bisogno di guardarmi dentro, come qualcuno mi scrisse qui, ho avuto bisogno di "rimuginarci su", a costo di sembrare una pippotica indomata.
Pazienza.
Ora non ho paura del futuro ma ho avuto bisogno di aiuto e ho visto il nulla con me.
Il giorno del mio compleanno, è stato difficile ricevere quelle beta negative, più difficile è stato non ricevere una telefonata di auguri.
L'immobilità e la terapia di flebo mi avevano provato e avrei avuto bisogno di un abbraccio. 
Invece ho ingoiato lacrime, durate solo quel giorno, poi basta.
Sono forte, dicono.
Quindi non ho bisogno di niente.
Non spiego nemmeno più.
Quindi ho bisogno di pulire il mio karma e imparare a non programmare tutto.
Ho bisogno di fare uno sforzo enorme per non avere tutto sotto controllo.
Ma la pma è un percorso a ostacoli, non so come si fa a lasciar andare le cose come arrivano.
Non sono capace, devo imparare.

Leggevo ieri sera che dobbiamo immaginarci la nostra casa, con dentro tutte le nostre cose, quelle più care, le cose che ci piacciono e che conosciamo. E poi immaginiamoci una stanza sul retro della casa, con dentro tutte le cose a cui non stiamo pensando, che fanno parte del nostro passato. Questa stanza è piena di ingombri, di tutte le cose di cui non ci siamo disfatti, a volte la stanza sul retro è così piena di spazzatura che non si può chiudere la porta e addirittura si riversa nella stanza della mente conscia. Improvvisamente agiamo con paura, diventiamo preoccupati per pensieri infondati.
Ecco, io ora sono così.

"Gobinde, Mukande, Udare, Apare, Hariang, Kariang, Nirname, Akame" 
(Sostenitore, Liberatore, Illuminatore, Infinito, Distruttore, Creatore, Senza Nome, Senza Desiderio)

Recitare questo mantra per 11 minuti è come fare una doccia al subconscio.

Gobinde, tengo le braccia e le mani in alto verso il cielo, vengo dall'alto.
Mukande, porto le mani chiuse a pugno verso di me, mi incarno.
Udare, porto le mani con i palmi davanti al mio viso, guardo il mio karma.
Apare, giro i palmi delle mani e allontano le mani dal mio viso, rifiuto il mio karma
Hariang Kariang, riporto le mani verso di me, guardo di nuovo l'interno delle mie mani, perchè il karma ritorna anche se non lo voglio guardare.
Nirmane, le mie mani si muovono davanti ai miei occhi, lavoro sul mio karma.
Akame, mani in posizione di preghiera, ringrazio. 

domenica 19 aprile 2015

L'ora per avere figli

Se si costruisse la casa della felicità, 
la stanza più grande sarebbe la sala d’attesa.
(Jules Renard)


Mi ricordo che era estate e che la scuola era finita da un pò, quelle estati in cui si inventavano i giochi, che duravano mesi e davano nutrimento alla fantasia.
Non ricordo però quanti anni avevo e perchè la mia vicina di casa, con la quale inventavamo l'estate, desiderasse mettermi a conoscenza che sua cugina aveva avuto le sue cose per la prima volta.
Cosa significasse questa frase non ne avevo idea, ma certo il mio orgoglio mi impediva di chiedere ai miei coetanei. Di certo ricordo di aver provato una sensazione di fastidio, mi sbucciai un ginocchio cadendo su un foratino, e quella cicatrice oggi è ancora lì a ricordarmi quel giorno. Fui costretta a raccontarlo a  mia mamma, perchè la curiosità mi stava divorando. 
Che mia mamma stava stendendo il bucato, anche questo lo ricordo, e anche che rimase in silenzio per un pò, dopo la mia domanda.
Poi, sospirando, mi spiegò cosa succede alle donne ogni mese, ma a me non parve affatto una cosa bella.
Forse inconsciamente retaggi culturali e l'educazione ricevuta dai nostri genitori, anche se a loro volta con noi figli, si sforzavano di essere sereni, ecco, forse tutto questo si trasmette lo stesso, perchè io, quando poi anni dopo, vidi comparire per la prima volta il mio ciclo mestruale, piansi per un giorno intero.
Rimasi raccolta in un angolo della mia cameretta al buio senza riuscire a mandar giù quelle parole pronunciate da lei:
  "ora puoi avere dei figli"
Già.
Potevo.
Cosa questo significasse davvero in effetti io non me lo chiesi per anni, ma molti anni, fino a che, come si sa, non ebbi il primo aborto.

mercoledì 15 aprile 2015

E così.

Io il come stai? del dopo non lo voglio.
Ne faccio a meno.
Ho avuto bisogno del come stai? prima, quando le ore non passavano e il cielo era azzurro, ma io non lo vedevo dal divano.
La commiserazione no. Il non so che dire, no. Il mi dispiace nemmeno.
Non voglio nulla da nessuno, ho imparato a farne a meno, grazie.


E' stata durissima stavolta, l'attesa dico.
Perchè ho sottovalutato tutto, che da una parte ci sta, ma dall'altra non ero pronta a tanto e io sono una che si deve preparare.
Mi è dispiaciuto passare il compleanno così, ma ormai nemmeno ci faccio più caso alle date che si rincorrono e le coincidenze e gli eventi che mi girano intorno.
La mattina è passata seduti ad un tavolino dello Zodiaco a guardare Roma, in silenzio, dopo aver prelevato quel poco di sangue che ha decretato assenza di ormone betaccacigi all'una del pomeriggio.
La segretaria del laboratorio analisi ci è venuta incontro, si è chinata su Hope per dire che era carino, poi si è alzata e nel consegnarmi una cartellina di carta lucida con stampata una donna in attesa, mi ha detto in anteprima che l'esame era negativo.

Grazie per lo spoiler, avrei voluto dire.

Il resto della giornata non è esistita.

Alle diciannove ho fatto una doccia e ho trascinato la mia famiglia in una pizzeria affollata, dove mi sono sentita male, e dalla quale sono dovuta uscire ad un certo punto per mancanza di aria.

Ora devo guarire i lividi dell'eparina sulla pancia, una brutta reazione mi ha fatto diventare bicolore, e poi quelli delle braccia per i prelievi, perchè la cardioaspirina mi gioca brutti scherzi.
Ma non ho molto tempo, oggi pomeriggio mi aspettano una nuova turnata di prelievi, e sono un pò preoccupata perchè non so dove riusciranno a bucare e in settimana una nuova flebo di intralypid per tenere bassi i valori tossici.

Sapevo che non era andata, ciò che non so è perchè sono diventata infertile, nonostante -dicono- i miei aborti non mi abbiano lasciato segni (fisici).

Un tentativo che dovevamo fare così, per dire a noi stessi che ora siamo anche infertili oltre che abortivi e che siamo due pazzi ostinati che ricominciano a respirare dopo un mese di apnea.



Per fortuna abbiamo imparato a respirare a fondo, e così, incameriamo ossigeno per i periodi in cui non possiamo respirare per paura di rovinare tutto.

mercoledì 8 aprile 2015

Fin qui.


"Ricorda tutti inciampiamo, a tutti capita di cadere.
Questo è uno dei motivi per camminare mano nella mano con qualcuno"

Emily Kimbrough


Ieri no.
Oggi si.

Inutile dire che i sintomi mi perseguitano ma non posso fare niente per evitarli.
Non posso distrarmi, perchè per farlo solitamente io metto sottosopra la casa, lavoro a manetta andando a prendere le misure dell'appartamento che devo ristrutturare, progetto, disegno, stiro, faccio lavatrici, cambio l'arredamento al salotto, attacco quadri, faccio yoga, macino km in automobile, macino km a piedi nei centri commerciali comprando cazzate, faccio passeggiate con Hope, mi metto lo smalto rosso alle unghie.
Di tutte queste cose, posso fare solo l'ultima, e considerando che passo le giornate a casa tra il divano e le sedie in tuta da ginnastica, non val la pena nemmeno mettersi lo smalto alle unghie.
Non posso fare nemmeno yoga, me lo hanno vietato. Figurarsi il kundalini che parte da là sotto.

Penso a cosa mangiare.
Il cibo è diventato un'ossessione, ma la dieta iperproteica imposta dai dottori, signori miei, è peggio di ogni incubo.
Ho circa un attacco di fame al giorno e mi viene da piangere, perchè odio le proteine.
Sto reintegrando pian pianino qualche carboidrato, oggi per esempio ho mangiato due fette biscottate e mi è sembrato di vedere la Vergine Maria.
Voi non avete idea di cosa succede all'organismo che viene privato degli zuccheri, appena glieli ridai, se li succhia come fosse una droga. E infatti ora mi sento una drogata.
Mi sto ciucciando pezzettini di cioccolata  di un uovo pasquale senza zucchero da domenica, che mi ha regalato la collega mossa a pietà, che io manco sapevo esistessero.
Detto questo, il peggio è passato.
Serviva di far circolare corpi chetonici ad un certo punto e 'sti corpi hanno circolato, me ne sono accorta dal saporaccio che avevo in bocca la mattina appena alzata.
Presente l'acetone dei bambini?
Quello.

Per la dieta iperproteica ringrazio pubblicamente Amelia, di cui pubblicherò la storia prossimamente, la conclusione della sua bellissima Happy Pill chiamata Simone e la sua tenacia e il suo coraggio dopo aver provato la paura vera, quella di non poter essere più qui a raccontarmi come poi sono andate le cose.

Qui la cito come esempio di altruismo.
Cosa importava a lei di starmi a tenere la mano tutti i giorni da quando questo nuovo tentativo è iniziato? I suoi consigli sono stati sin qui preziosi perchè io vagavo con sguardo assente e non sapevo come e cosa fare. Sarà che la stimolazione a me fa questo effetto. Mi svuota la testa.
Era successo anche l'altra volta.

Stavolta ci sono volute dieci punture di meropur per produrre otto follicoli a destra e sei a sinistra.
Una stimolazione blanda, mi avevano detto, pensa te quando passeremo a quella pesante.
Io produco, come la gallina dalle uova d'oro, su questo non ci sono dubbi.
E poi sei flebo di intralypid. Due per azzerare la mia embriotossicità e quattro per mantenere a zero i valori.
E poi una puntura di Gonasi libera-follicoli, e ogni giorno, quelle di eparina.
Tre prelievi di estradiolo e LH, uno per TSH.
Da una settimana le mie vene riposano, la destra ha collassato credo definitivamente, e so per certo che ci vorranno almeno sei mesi per ripararla. Spero la sinistra non mi tradisca nel frattempo.
Prima che vi eccitiate troppo, visto la dovizia di particolari, non c'è stato nessun prelievo di ovociti, nè quindi transfer emozionanti.
Prima che vi intristiate, vi dico subito che è stata una scelta dall'inizio del centro di infertilità e noi con loro.
Ovvero, visto il mio passato particolarmente prolifico e credendo profondamente che il problema non sta negli ovuli e il loro numero, bensì nel mio utero ostile e nel mio sangue tossico, ciò che ci è stato proposto è stata una stimolazione blanda per rapporti mirati.
Ovvero il purgatorio della PMA.
Io non lo sapevo, ora ho fatto anche questa esperienza.
Cioè l'ante operam (scusate deviazioni professionali da architetto) è identico al processo di PMA, il post operam nettamente e coraggiosamente diverso. Ovvero se si è concepito, ciò non è avvenuto in provetta ma come ci hanno sempre detto di fare finora. Solo con l'ora, il minuto, il secondo spaccato netto a conoscenza, la testa vuota dalla stimolazione, le braccia bucate, le ecografie attive, zero eccitazione, molta ansia da prestazione, compiti fatti alla perfezione.
Roba che l'ultima volta che ci è stato detto come e dove e quando e se, abbiamo concepito la nostra GEU, la Bea, il nostro capolavoro. Visto mai.
Visto mai no.
Perchè il culo di concepire così, ma di chi è? Certo non il nostro.
Ma dovevamo tentare.
Se non andrà si passerà alla PMA quella vera, come se fino ad oggi non avessimo fatto seriamente tutto.
E' che ci si crede talmente tanto in questa embriotossicità che dovevamo tentare.
Poi "signora, vista l'età, faremo una fivet casomai", che visto come e quanto produco non è che mi suona tanto logico, ma capisco, e approvo.

Quindi, signori e signore, siam qui, e tra pochi giorni compirò gli anni brindando con le beta, che se saranno negative, mi concederanno se non altro una pizza e una birra per esorcizzare i miei quarantuno arrivati zitti zitti.
Cosa c'è di diverso stavolta?
La mia forza.
Le mie riserve.
Il mio bisogno di condividere, sempre, comunque, perchè io ho ricevuto tantissimo dagli altri, tantissimo.
Mi è stato anche tolto molto, ma mi è stato tolto da chi non è in grado di capire.
Mi piace citare chi mi è accanto perchè sono persone che hanno vissuto intensamente sin qui.
Ogni tanto citerò qualcuno, come Amelia stasera, perchè la mia gratitudine è grande e perchè l'altruismo è un sentimento di cui mai mi stancherò e che mi insegna tanto. Ogni giorno.

Non smetterò di citare Filippo, che ora è sul mio comodino e il cui LEGO stringo tra le mani ogni volta che ho paura. Lui e la sua mamma più di tutto, sopra a tutto, che ho abbracciato forte due domeniche fa, per la grande lezione di altruismo ricevuta.
Perchè, quando si chiede Perchè non so niente più di te? non è sempre per mettere il proprio IO davanti,  semplicemente si è preoccupati. Voler bene vuol dire preoccuparsi dell'altro, e tendere la propria mano, vuol dire, appoggiati qui se non ce la fai a camminare, non vuol dire altro.
Non c'è altro, è molto più semplice.

C'è una conversazione che facciamo spesso con mio marito e parla di quando un giorno, se arriverà uno dei nostri figli, faremo una grande festa di benvenuto, alla quale festa parteciperanno tutte le persone che ci hanno teso quella mano.
E poi insieme rideremo.


lunedì 6 aprile 2015

Non è facile

Non è per niente facile dirsi che stavolta è diverso, che sono più forte e che non credo e non mi illudo. Non è vero niente. Mi attacco ad ogni impercettibile segnale di diversità che il mio corpo mi rimanda senza clemenza. Non si impara mai dalle esperienze precedenti, ogni volta è a sè, ogni volta ti regala sensazioni che non dimentichi. Passo il tempo a rileggermi nel passato nel tentativo di ritrovare la descrizione di sensazioni che ho già vissuto. L'ho vissuto talmente tante volte questo momento che non ho bisogno di fare ricerche delle altre nei forums specifici. Sono un archivio digitale di sensazioni e sono più attendibile.
Forse.
Sintomi che vanno e vengono, il solito  altalenare di umore che segue fili di speranza in questa attesa lacerante, nonostante la razionalità, la preghiera, il sorriso di Filippo sul comodino. Ho le riserve per superare tutto questo, questa è la differenza rispetto alle altre volte. Ma non è facile. Non lo è per niente.

domenica 5 aprile 2015

5 aprile, Pasqua fragile

Le sensazioni che provo ora sono le stesse identiche di quando aspetto, solo che non posso dire che è così perché potrebbero essere illusioni costruite dal progesterone. È presto per capire ma io so di aver capito sempre subito.
Mi sento malata.
È questo la sensazione più grande.
Quando mi sento incinta mi sento malata.
Mi riscopro fragile e in balìa delle medicine che scandiscono le mie giornate e i lividi che curo sulla pancia, ricordo delle punture di eparina.
Sento una tensione sottile laggiù che mi fa muovere come fossi di cristallo e mi costringe a rallentare istintivamente ogni movimento, ogni pensiero, ogni idea nuova, ogni programma futuro.
Non voglio sentirmi fragile.
Non voglio stare male di nuovo.
Vorrei avere il coraggio di dire a me stessa, sono di nuovo incinta ma non voglio cullarmi nell'illusione.
Vorrei gridarlo e poi non sentirmi malata e coccolare, come facevo una volta -quando non conoscevo questo dolore - la gioia di essere due vite.
Ma sono bloccata.
Manca una settimana.
Tutto questo potrebbe sparire di nuovo e allora la sensazione che potrei avvertire sarebbe quella di svuotamento.
La pancia piatta, il seno sgonfio, e il cuore stretto nella paura del futuro.
Eccola la paura che si insinua.
Come si può cantare e pregare facendo finta di niente...
La paura è irrazionale, decide lei quando arrivare. La vedo come l'acqua che si insinua sotto le porte. Pensi di esserti chiusa per bene, barricata dentro un bunker di coraggio e forza, e poi, l'acqua da fuori, comincia ad infilarsi da sotto le porte, dalle fessure delle finestre, dagli interruttori, dai piccoli buchi invisibili che non sapevi di avere. 

Quanto è normale tutto questo? 
Zero.
Quanto non è normale sentirsi così aspettando un figlio?
Zero.

Di nuovo, ho creduto di potercela fare e ora temo di non avere una struttura tanto forte da poter reggere questo acquazzone.

Buona pasqua Anna.
Buona pasqua pancia.

mercoledì 1 aprile 2015

#rinascite




Quando tutti i giorni diventano uguali è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita ogni qualvolta il sole attraversa il cielo.
Coelho

domenica 29 marzo 2015

E' solo amore.

40° giorno di meditazione

Quaranta giorni di preparazione del mio cuore e del mio corpo.
E ora tocca a voi.
Ora siete chiamati qui.
Ascoltatemi.
Lasciatevi guidare.




E' solo amore.

giovedì 26 marzo 2015

"Non importa se vai avanti piano, l'importante è che non ti fermi"




Ciò che mi accade è di non pensare.
Eseguo senza controbattere operazioni meccaniche e non protesto.
Rientro volutamente in quella categoria di persone che non vogliono capire, non più, e che, a braccia aperte aspettano che le cose accadano, oppure no.
Non ci sono domande.
Incastro coerenza, fino alla fine.
Non guardo oltre gli appuntamenti che mi impongono gli altri, senza mai pensare al domani.
Ci sono troppe coincidenze stavolta che sono difficili da ignorare. Sono uno spettatore che guarda la sua vita srotolarsi come una guida di moquette rossa su un prato di margherite.
Preparo.
In silenzio.
Preparo me stessa, papà, Hope e tremo.
Va bene.
Va tutto bene.
Siete tutti con me e io vi sento, affacciati, guardarmi da lassù, so che ridete e vi date gomitate solidali.
Impertinenti.
Non prendetevi gioco della mamma.

C'è qualcuno di voi che verrà chiamato presto.
Attenti, perché io già lo sono.
Non fate finta di non sentire.

Shhhh.
La mia pancia duole.
Risponde.
Come il mio corpo.
Non mi abituerò mai a questo espediente artificiale per portarvi qui e so perché.
Io sono impegnata e resisto. Tesa ad ascoltare il minimo rumore e sussurro di ali.
Voi volate.
E poi buttate l'àncora e state qui.
Ancora.
E per sempre.

lunedì 16 marzo 2015

Frigoriferi stimolanti ed egocentrismo

27° giorno di meditazione

Una settimana fa lavoravo a casa di una collega, quando ad un certo punto mi chiede se potevo parlare con una sua amica la cui figlia non riesce ad avere figli e che voleva sapere da me che tipo di esami stavo facendo.
Rimango un attimo gelata.
Negli ultimi tempi non amo parlare di questo con gli sconosciuti.
Perle ai porci.
Ho capito che non ne vale la pena spiegare se non si vuole davvero ascoltare.
Poi ho pensato che una madre che si preoccupa di una figlia che non riesce ad avere a sua volta figli, non è una situazione che conosco e che forse, potevo essere utile.

Non passano nemmeno dieci minuti che il telefono squilla per parlare con me della faccenda.

Sono prevenuta, lo ammetto.
Irrigidita, lo sento.
Tuttavia chiedo quale è il problema e come posso essere utile.
La signora in questione mi dà ovviamente subito del tu e mi dice che sua figlia è al quarto tentativo in pma. Le chiedo a chi si è rivolta.
Mi dice che la prima volta è andata a *** ma che non vuole nemmeno parlarne di "quelli lì, perchè sono degli impostori napoletani!" e che la prima volta 5 anni fa ha fatto tutto da sola senza interpellarla, perchè lì non si paga, e che però sono dei cani. (cito testualmente).

Rimango in silenzio a lungo mentre lei continua in un fiume di parole.
I pensieri girano vorticosamente ed io non ascolto più. Sento chiudersi la gola.

Le dico che, quei cani napoletani, sono gli stessi che oggi mi stanno facendo le ricerche approfondite per le quali mi ha cercata lei e rispetto alle quali non ho ancora ricevuto una domanda.

Io mi sono fermata in silenzio per lei.
Questa donna no.
Non le importa nulla.
Non ascolta.

Mi dice che allora niente, non le interessa sapere. Se conosco il professorone Y famoso in tutta Italia e che costa tanto. No, le dico, non lo conosco. Le chiedo se mi dice quale è il nome del centro infertilità e lei dice che non c'è un centro e che LUI si sposta in tutto il paese.
Poi smette di parlare e dopo due secondi (riprende fiato) mi chiede che problema ho.
Le dico che non è proprio la stessa situazione di sua figlia, che ho avuto sei aborti spontanei e che ora mi sto occupando di questo. Che ho fatto una sola PMA e che i miei avevano attecchito (al contrario di sua figlia che non ha mai avuto un positivo) ma che poi non è andata avanti comunque.
Allora fa:
"ma sei aborti provocati?"

Sgrano gli occhi anche se non mi vede.
Come provocati?
Signora del cavolo.
Spontanei!!!
Spontanei!
Cazzo!
Come provocati!?!

E poi aggiunge:
"ma tu quanti anni hai?"
e ancora:
"hai mai pensato alla maternità surrogata?"

Non so cosa altro sgranare perchè i miei occhi sono due tunnel.
"Forse intende dire eterologa"
"No, intendo dire utero in affitto."
"Signora" a quel punto il mio dare del Lei è diventato un'esigenza.
"l'utero in affitto è illegale in Italia, inoltre parliamo di costi elevatissimi e comunque, non è una strada semplicissima a livello legale anche una volta che il bambino è nato"
"l'utero in affitto si può fare in Ucraina, in India, ormai è una realtà e i soldi non sono un problema".
Certo.
Con i soldi si possono comprare gli uteri delle ucraine e delle indiane senza batter ciglio.
Non ci avevo pensato.

Ho concluso la conversazione, pregando avvenisse in maniera veloce perchè il tutto era diventato una tortura insopportabile, e chiedendole ancora una volta cosa volesse quindi da me visto che mi stavo facendo curare da quei cialtroni napoletani.
Ma non ascoltava.
Si è convinta che con i suoi soldi può comprare un nipote per sè, nemmeno un figlio per sua figlia.
Non ha avuto la delicatezza di rapportarsi con umiltà con una persona che come sua figlia sta passando l'inferno. Anzi. Ha avuto l'arroganza di volermi insegnare come ottenere l'obiettivo, offendendomi con le sue parole e il suo gesto affatto solidale, mascherato da chi sa, palesando invece un'ignoranza che affonda le radici nella paura e nel disorientamento che si prova quando non si riesce a fare nulla per chi si ama.

Non sono riuscita a risponderle.
Mi sono lasciata attaccare con quelle parole...
aborti provocati
età avanzata
dottori cialtroni
soldi

Ho passato il resto della mattina a lavorare come un automa.
Una volta uscita ho digerito la conversazione e ho scritto alla mia collega pregandole di rendersi conto di chi genere di amica aveva, del fatto che avevo pietà di lei, ma che soprattutto, avevo a cuore quella sua figlia, che oltre al dolore di non poter essere madre, doveva convinvere con quella donna così egocentrica.

Io sono diversa ora.
Anni fa una conversazione del genere mi avrebbe distrutto. Avrei messo in dubbio tutto, avrei pianto per ore. Ma non oggi.
Non ho risposto alla signora, ma mi sono risposta dopo da sola. Ho risposto a me stessa, rispetto ai dubbi che mi aveva instillato. Mi sono risposta e ho reagito, ricominciando a lottare.
Non smetterò mai di condividere, ma ho imparato a preservarmi dai colpi.

Chi mi segue su facebook sa delle difficoltà che sto incontrando durante questa terapia che dovrebbe neutralizzare la tossicità del mio sangue. Sono giorni difficili, in cui non riesco a fermarmi. Mi sento come un animale che sta preparando la sua tana.
Lo faccio senza pensare.
E non mi fermo un secondo.
E sono stanca.
Ora tanto stanca.

Ho bisogno di pensieri positivi per i prossimi quindici giorni.
Ne ho bisogno tantissimo...


Frigoriferi stimolanti!

*battuta solo per addetti ai lavori


mercoledì 4 marzo 2015

Finchè non sarai nei panni degli altri.

15° giorno di meditazione

Riflettevo in questi giorni, dopo essere passata a prendere un tè dalla mia amica V.
Non è un bel periodo per V. e io, ho ripensato di aver sperato che qualcuno avesse qualche minuto per me per prendere un tè, quando era il mio, il periodo che non andava bene.
Però non è stato facile. Il suo bambino non ci ha lasciato tregua, ha pianto sempre e non l'ha lasciata mai, nè ha permesso che io potessi interagire con lui o con lei.
Stanchezza nei suoi occhi e nei suoi gesti.
Giorni fa al telefono V. mi ha detto di sognare il giorno in cui annuserà l'odore del mio bambino e potrà tenerlo tra le sue braccia.

Quasi una settimana fa R. è stata operata in urgenza. Le hanno tolto nove fibromi all'utero. Ha un anno più di me, i suoi genitori non ci sono più, per me, nonostante alti e bassi, è come una sorella, a R. avevano detto che le avrebbero tolto l'utero, anche se non ha figli.
L'intervento è durato sei ore, alla fine il chirurgo che la stava operando è uscito per chiedere al suo compagno se erano stati mai da un ginecologo visto lo stato in cui era arrivata in sala operatoria.
Ovviamente sì.
Ovviamente le avevano detto di aspettare e che i fibromi erano cinque, non nove, e che era meglio intervenire dopo una gravidanza.
Quale gravidanza sarebbe potuta esistere mai in quel luogo ostile?
R. oggi è a casa e anche il suo utero. Intero.

S. non c'è più. Se ne è andata ridendo. Ha vissuto con ironia, filosofia, creatività. Se ne è andata mangiando dolci, mentre nella sua casa si riunivano vecchi amici che discutevano dei suoi quadri e recitavano mantra.
S. e i suoi gatti, la sua Ciuccetta, mamma della mia Ema. In questi giorni sento il suo spirito in casa che mi viene a trovare. Forse prima di andarsene per sempre, sta passando a controllare che tutto sia a posto.

M. si è lasciata con P. dopo quindici anni insieme. La mia immediata reazione è stata di sconforto, ricominciare tutto daccapo dopo una certa età... ma poi osservandola attentamente ho notato un cambiamento enorme in lei, come di un grande peso tolto al suo cuore. Sembra rinata, e il rapporto sbagliato con quella persona l'aveva incatenata e non ce ne eravamo resi conto. Ora è bella, e c'è tanta luce intorno a lei.

Finchè non sei nei panni degli altri.
Se per un attimo ti spogli del tuo vestito e indossi quello degli altri, allora ti si aprirà un mondo grande, che ti arricchirà e ti ridarà luce.
Vorrei rispondere a chi pensa che io sia in un tunnel da cui non riesco ad uscire.
Provate a spogliarvi dei vostri panni davvero. Eliminate ogni vostro preconcetto nei miei confronti.
Ascoltate.
Mica ho detto che è facile.
Provateci ad ascoltare.
Potete calarvi anche nei panni di un'altra donna, non per forza nei miei.
Non dite "io non avrei permesso a me stessa di arrivare a questo punto"
Io l'ho fatto con V., con R., con S., con M., inconsapevolmente l'ho fatto. E ho giudicato, pur dicendo a me stessa di no. L'ho fatto. E questo ha condizionato i miei rapporti con loro, e i miei comportamenti.
Non fermatevi qui, tra le righe di questo blog spesso abbandonato.
Non troverete nulla del mio lavoro, della mia famiglia, di ricette, dei miei interessi qui. Per quelli visitate il mio profilo facebook e il mio sito professionale.
Qui parlo dei miei figli, quelli passati e andati via e di quelli che saranno oppure no. Ci sono stati momenti in cui ho avuto bisogno di parlarne di più, altri meno. Ho condiviso tanto, qui e nella vita reale. Nella vita reale non ho ricevuto nulla in cambio, qui sì. Non giudicatemi vi prego.

Ho avuto bisogno di passare per certi canali stretti per rinascere.
Come un bambino che nasce con un parto naturale.

E oggi che sono rinata, e che non ho più voglia di stare male, nè sono più disposta a stare male se non ha più un senso, ho la forza per svestirmi dei miei panni e guardarmi con i panni di un'altra persona.
Perchè mi sento bene finalmente e riesco a essere questo e anche altro.


Sono stata in ospedale a trovare R.
Era lo stesso ospedale in cui ho perso la mia tuba sinistra e il mio quinto figlio.
Lo stesso reparto.
Gli stessi lunghi corridoi.
Ho annusato quei luoghi, tremavo camminando in silenzio.
Sono passata davanti alla sala medici nella quale sono stata visitata in urgenza dopo essere passata per il pronto soccorso, nella quale ho firmato i moduli per dare il permesso di asportare tube e ovaie in caso di bisogno, nella quale ho urlato un dolore che mai nella mia vita avevo provato.

Immagini veloci, odori, parole a spot, buio intermittente.


Nausea nel ricordo.

Ho chiuso gli occhi e ho respirato profondamente, come ho imparato a fare.

Ho ripercorso al contrario corridoi di dolore, con i miei piedi, correndo. E sono uscita per sempre da quel dolore.






Il mio sangue non è più embriotossico. I risultati si sono negativizzati.
Ho ricevuto la mail con le risposte mentre camminavo per una strada affollata nel tentativo di distrarmi. Ho letto e mi sono fermata.
E in mezzo alla gente ho iniziato a piangere in silenzio.
Oggi ho cominciato una terapia di mantenimento che sarà di una flebo ogni dieci giorni.
Come tutte le altre volte, sono sul divano piuttosto provata, ma ho passato di peggio e domani mattina sarò nuovamente operativa.
I dottori sono molto positivi.
Io,
io sto.

Ho anche fatto delle analisi di controllo per capire se questa roba che mi sparo in vena mi scassa il mio equilibrio ora perfetto, ed è tutto a posto.
Ho anche fatto la seconda mammografia della mia vita.
Tette bellissime.
Fatevele guardare bene anche voi le vostre tette, non solo al mare o in discoteca.
La soddisfazione di sentirsi dire che sono a posto è più bella di qualunque altro languido complimento.
Giorni di tensione, e chi ha atteso con me lo sa, giorni che si sono conclusi con una cena golosissima in un posto romantico e una bottiglia di Sirah in due. E la felicità sottile e le risate e il senso di benessere come mai.

Mi sento bene, mi sento felice anche se voi non ci siete. 
Non vuol dire che io non vi ami, mi sono solo calata in una donna che aveva bisogno di ritrovarsi.
Non penso al futuro.
Sto.
Non mi aspetto nulla.
Non vuol dire che non vi penso.
Non vuol dire che non vi voglio.
Non vuol dire che io mi senta già troppo avanti per pensare solamente di crescere da zero uno di voi.
Non vuol dire che io non soffra di questo silenzio qui e intorno a me che tende a meccanismi di protezione nei miei confronti. Il sapere che c'è chi crede in me, è confortante e non mi illude. Sono io che mi illudo da sola, e ora non lo sto facendo.
Non vuol dire che non ho bisogno di speranza intorno a me.
Come mi ricorda Anna, la mamma di Filippo: 
"La speranza è il presente del nostro futuro. E' adesso."