mercoledì 27 maggio 2015

Storia di un trio

Questa è la storia di un trio che, tra tante difficoltà, scivolò attraverso un tubicino dentro una cavità morbida e buia, ma che sapeva di casa.

Il trio si teneva stretto stretto e creava una luce, una piccola lucina nel buio di quella cavità.
Il trio era composto da tre principi di vita, fatti di poche cellule, o tante, a seconda di chi guardava loro se attraverso un microscopio o se attraverso un paio di occhiali comuni.
Si tenevano insieme per forza di gravità e sin lì, tutto sommato, le cose erano andate bene, senza tanti sforzi fisici degni di nota da parte loro, finchè, mentre galleggiavano beati in una sorta di miscuglio gelatinoso e trasparente, non sentirono una voce:
"sei pronta?" 
poi due voci :
"si. Vai."

Poi la luce.
Poi una forza che li attirava verso l'alto, e poi attraverso un tunnel trasparente, veloci, verso quella luce.
Di nuovo nessuna luce.
Prima di arrivare capiscono che il luogo dove arriveranno è buio, ma non fa paura.
Si accendono le luci.
E' pronta una festa.
Vai!
Giù!
scivolano dal tunnel trasparente dentro la cavità illuminata.
E' morbida.
Calda.
fa solletico.
Si tengono stretti quei tre.
Che paura.
E poi,
questa è casa.

Non dobbiamo avere paura, dice il più grande.
Sento un odore di buono, dice il medio.
Mi viene da accomodarmi, dice il più piccolino.
Tutto intorno è silenzio.
Un istante in cui nulla si muove.
Tutto è sospeso.
Poi le luci si spengono.
Sentono un respiro, la cavità si muove. Loro ci ballano dentro.
Di nuovo un respiro.
E poi un sussulto.
Forse un singhiozzo.
Ma cosa ne sanno loro delle lacrime.

Nel buio, attraverso un monitor, una piccola luce brilla.
"sono qui signora, li vede? Esattamente al centro"

Li vedo.
Bentornati a casa figli miei.




domenica 24 maggio 2015

Cinque (5)


"Voi siete nati insieme
e insieme starete per sempre.
Insieme quando le bianche ali del tempo
sperderanno i vostri giorni.
Insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unità
e tra voi danzino i venti dei cieli."
( P. Neruda) 

Cinque (5),
combattete.
Ancora da soli.
Poi ci penso io .
Combattete ancora.
Poi saremo di nuovo insieme.

giovedì 21 maggio 2015

Fare spazio.

Eppure,
nonostante le meditazioni per ripulire il karma, le preghiere, le speranze, la maturità incessante, il disperato bisogno di combattere contro il vento per raggiungere la méta, le situazioni sembrano ripetersi ed io mi ritrovo oggi davanti ad una nuova porta da aprire, busso, sto per entrare.
Cosa c'è dopo.
Ancora non lo so.
So cosa mi aspetta.
Forse perchè vivo talmente intensamente tutto, che i ricordi mi rimangono appiccicati e non se ne vanno. Vivo in uno stato di inconscienza e vago senza capire davvero cosa sta per accadere, perchè tutto è arrivato di corsa, mentre io correvo, mentre il mondo continuava a vivere, ed io imperterrita riempivo le mie tasche di speranza, ancora e ancora.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sono qui, tremante, il fianco destro comincia a far male, ho il terrore che la situazione peggiorerà con il passare delle ore, ma stavolta c'è anche il sinistro, lento, silenzioso, ma ancora in forza.
8+3
sono i numeri che mi gioco.
8 signorini a destra e 3 a sinistra.
Numeroni che affiancati ai miei 41 anni, formano un cerchio magico, grande come gli occhi dei dottori che non credevano per niente ad una risposta tale di un'attempata come me, alla stimolazione.
9 giorni di stimolazione.
18 punture, più qualcun altra, visto che ho sbagliato a bucarmi varie volte.
930 di beta-estradiolo
225 di Gonal, poi 300, poi 350.
nessun antagonista -non c'è bisogno, gli ovuli sono talmente perfetti che non vogliamo intaccare la loro qualità con uno stop&go - mi dicono.
16.5 mm a ieri sera. Tutti. Senza differenze.
Crescita costante, omogenea, perfetta, silenziosa.
Oggi alle 23.30 la puntura libera-tutti, che dopo 36 ore porterà i signorini ad aprirsi  e poi attenderanno di essere risucchiati in un ago e poi attenderanno di essere portati ad incontrarsi con quegli amichetti tutti lavati e ben profumati degli spermatozoi.
Poi toccherà a loro.
Solo a loro.
e allora poi, attenderemo noi.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Dal 20 novembre al 20 maggio, un altro cammino lungo, fatto di esami, paura, lacrime, dubbi, flebo, dieci (10) flebo sin qui per ripulire il mio sangue della sua tossicità, salti, attese, tante ore di attesa nelle anticamere, meditazioni, preghiere, incoscienza.
Otto (8) + tre (3), molto meglio della scorsa volta, nonostante tutto.
Mi sorprendo da sola.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Non si capisce il perchè nel frattempo non ci sia più stato un concepimento naturale visto la mia splendente risposta, ma una delle ipotesi è che l'unica tuba rimasta si sia chiusa perchè danneggiata nel tempo dagli aborti.
E' una risposta plausibile.
A me sta bene. E' una risposta.
Se nel frattempo avessi riscontrato un abbassamento della mia riserva ovarica che so, o un'irregolarità fisica, meccanica, allora avrei avuto dubbi. Invece sono perfetta, un'isteroscopia che fa vedere una cavità uterina degna di medaglie, un nido perfetto.
Tutto è perfetto.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sento la paura risalire dal basso.
Sono i ricordi di ciò che è stato che mi bloccano.
Cosa c'è di diverso stavolta.
Non lo so.
Uno stato di incoscienza misto a determinazione e consapevolezza.
So cosa mi aspetta.
Non voglio un altro aborto.
Non lo voglio con tutta me stessa.
Ma non basta.
Non riesco ad essere leggera, nonostante i miei sforzi e la mia aria da spavalda quando entro nelle sale di attesa piene di donne nella mia stessa situazione.
Vorrei dire che la mia storia potrebbe spazzare via ogni paura che avverto nell'aria, ma sono spavalda e stronza, ma lo sono dentro, fuori faccio finta di niente e sto buona. Solo non voglio sentire nessun altra storia.
In questi giorni non ho fatto altro che leggermi e rileggermi in passato, e mi basto.
Davvero mi avanzo pure.
E non voglio capire oltre.
Non voglio più indagare.
Ho le vene traumatizzate, sono piena di lividi, faccio amicizia solo con gli infermieri che mi fanno i prelievi e le flebo. Mi attacco a loro e racconto anche se non mi chiedono.
Non voglio commiserazione, voglio solo comprensione.
Non voglio battute acide.
Voglio solo un abbraccio.
Un abbraccio.
Ne ho tanto bisogno.
Tanto.
Ecco cosa c'è di diverso stavolta.
Le lacrime.
Mi sono uscite da sole, per tutto il tempo della stimolazione. Anche se io non volevo, anche se non ce ne era motivo.
Lacrime.
A fiumi.
Il perchè non lo capisco.
O forse si.
Ho bisogno di buttare fuori tutto, da sempre, e non l'ho potuto fare mai.
Mi sento in prigione, non so come fare. Devo buttar fuori la tensione e la paura, non posso incamerarla. E' il mio modo di vivere.
Ma non riesco a contenere il giudizio.
Mi sento fragile.
Chi mi ostacola sottilmente perchè ha paura per me, chi lo fa perchè non comprende la mia scelta, chi lo fa perchè non ideologicamente daccordo con la procrezione assistita.
Ancora, nonostante anni di battaglie, ancora quelle parole fuori posto, quelle note stonate che avverto tra una frase e l'altra, quelle note che ti fanno capire che chi hai davanti non ha capito, non ha capito quanto sacro è concepire una vita e quanto santo è il desiderio di concepire, arroccati su posizioni ideologiche invece che umane.
Se avessimo il coraggio di scendere dai nostri piedistalli ogni tanto, ci accorgeremmo che non è necessario scomodare il nome di Gesù per farlo scendere dalla Croce. Egli è sceso sì, ma non per battagliare ideologicamente ma per accogliere la vita, stravolgendo il concetto di morte.
Cosa c'è di diverso stavolta.
C'è che siamo solo noi due.
Tre con Hope.
I tre moschettieri.
Che con le spade in mano combattiamo.
Stavolta, non sono loro I cavalieri. Lo siamo noi.
Come dice la mia insegnante di yoga:
 "la paura la conosci, e una cosa conosciuta è sempre meglio di una sconosciuta".
Una cosa conosciuta si combatte e io so come batterla.
Devo combattere la paura e poi lasciarla andare e fare spazio ad altro.
Fare spazio ad altro.
Ecco.
Alla fine di tutte queste parole senza senso e senza costruzione, alla fine di tutti questi numeri.
Fare spazio.
Eccola la differenza rispetto all'altra volta.
Via tutto e tutti.
Ho spazio solo per tutto quello che sarà e per tutto l'amore, mio e di Fabio per i nostri figli.



Sabato, ore 9.
Pick-up.

giovedì 14 maggio 2015

Solo per oggi.

Io oggi ho il forte bisogno di andare in un luogo o qualcosa su cui pregare, chinarmi e ricordare e lasciarmi andare.
Ho bisogno di un luogo fisico dove poter andare, dove ringraziare, un simbolo, una foto, un piano freddo da toccare. Ho bisogno di ricollegarmi solo oggi, solo  per un istante, un attimo, a ciò che è stato e poteva essere.
Poi ritorno a guardare avanti e a vivere.
Ma oggi no.
E non posso.
E penso a quanto è importante avere una tomba su cui piangere i propri figli per quelle madri che li hanno persi troppo presto.

E io non posso.

14 maggio 2012
Quinto aborto per gravidanza extrauterina.
Salpingectomia sinistra.

mercoledì 6 maggio 2015

Gobinde Mukande

Ieri sera ho imparato un nuovo mantra e una nuova meditazione.
La inizierò con la nuova stimolazione che partirà e, visto che dovrà durare i soliti 40 giorni, sarà perfetta per tutto il nuovo percorso.

Non sono spaventata, non ho paura, lo dico sul serio.
Sono stanca, perchè il lavoro mi impegna e i prelievi e le flebo sono tanti, compreso gestire le incompetenze altrui e il disordine e la poca professionalità delle persone. Ma questo, si sa, fa parte del gioco PMA.
Comunque, il punto non è questo.
Il punto è riuscire a gestire la mia rabbia verso gli altri.
Mi guardo da fuori e sono brutta.
Continuo ad aspettarmi chissà cosa e rimango male, mi sento triste.
Avrei tante cose da dire e non ne ho voglia, mi annoio ad ascoltarmi.

Quindi inizierò questa nuova meditazione:
GOBINDE MUKANDE

Questa meditazione pulisce il proprio karma, aiuta ad eliminare i propri blocchi, ed io ho molti blocchi evidentemente, che mi tengono inchiodata al passato.
Giorni fa leggevo un post di una blogger che ha da poco subìto un aborto, dopo anni e anni di ricerca di un figlio, e alla quale hanno dato i risultati del perchè è accaduto.
Le sue parole mi hanno bloccata.
Sapere la causa ti permette di perdonarti e di ricominciare..."
Io non ho mai ricevuto una risposta, mai una risposta, un perchè mi è accaduto questo in tre anni.
Non ho pace nel mio cuore e non mi arrendo per questo motivo.
Io non mi sono perdonata.
Mi sono fermata e ho avuto bisogno di guardarmi dentro, come qualcuno mi scrisse qui, ho avuto bisogno di "rimuginarci su", a costo di sembrare una pippotica indomata.
Pazienza.
Ora non ho paura del futuro ma ho avuto bisogno di aiuto e ho visto il nulla con me.
Il giorno del mio compleanno, è stato difficile ricevere quelle beta negative, più difficile è stato non ricevere una telefonata di auguri.
L'immobilità e la terapia di flebo mi avevano provato e avrei avuto bisogno di un abbraccio. 
Invece ho ingoiato lacrime, durate solo quel giorno, poi basta.
Sono forte, dicono.
Quindi non ho bisogno di niente.
Non spiego nemmeno più.
Quindi ho bisogno di pulire il mio karma e imparare a non programmare tutto.
Ho bisogno di fare uno sforzo enorme per non avere tutto sotto controllo.
Ma la pma è un percorso a ostacoli, non so come si fa a lasciar andare le cose come arrivano.
Non sono capace, devo imparare.

Leggevo ieri sera che dobbiamo immaginarci la nostra casa, con dentro tutte le nostre cose, quelle più care, le cose che ci piacciono e che conosciamo. E poi immaginiamoci una stanza sul retro della casa, con dentro tutte le cose a cui non stiamo pensando, che fanno parte del nostro passato. Questa stanza è piena di ingombri, di tutte le cose di cui non ci siamo disfatti, a volte la stanza sul retro è così piena di spazzatura che non si può chiudere la porta e addirittura si riversa nella stanza della mente conscia. Improvvisamente agiamo con paura, diventiamo preoccupati per pensieri infondati.
Ecco, io ora sono così.

"Gobinde, Mukande, Udare, Apare, Hariang, Kariang, Nirname, Akame" 
(Sostenitore, Liberatore, Illuminatore, Infinito, Distruttore, Creatore, Senza Nome, Senza Desiderio)

Recitare questo mantra per 11 minuti è come fare una doccia al subconscio.

Gobinde, tengo le braccia e le mani in alto verso il cielo, vengo dall'alto.
Mukande, porto le mani chiuse a pugno verso di me, mi incarno.
Udare, porto le mani con i palmi davanti al mio viso, guardo il mio karma.
Apare, giro i palmi delle mani e allontano le mani dal mio viso, rifiuto il mio karma
Hariang Kariang, riporto le mani verso di me, guardo di nuovo l'interno delle mie mani, perchè il karma ritorna anche se non lo voglio guardare.
Nirmane, le mie mani si muovono davanti ai miei occhi, lavoro sul mio karma.
Akame, mani in posizione di preghiera, ringrazio.